Arezzo, casi di variante alla scuola per l’infanzia di via Tricca: “mancano vaccini per alcune categorie”

La scuola per l’infanzia Pianeta Azzurro di via Tricca Ad Arezzo è stata chiusa martedì 27 aprile, quando i bambini di 5 sezioni sono stati messi in quarantena, andandosi così ad aggiungere ai piccoli alunni dell’unica altra sezione del plesso già sottoposti allo stesso provvedimento dal venerdì precedente, per un totale di oltre centocinquanta individui quarantenati tra bambini ed adulti. Dall’inizio e fino ad adesso, i casi di positività hanno riguardato solo personale non docente a partire da alcuni operatori della mensa scolastica, gestita per conto dell’Amministrazione comunale da Elior Spa. Viste le dinamiche del contagio, la Asl ha attivato il protocollo legato al sospetto di variante, quindi la sospensione delle attività si protrarrà per un periodo di 14 giorni. Il Sindaco Ghinelli ha dichiarato che quanto accaduto dimostra che “gli asili sono enti fragili”, che pur non essendo generatori del contagio possono esserne i recettori. Nel suo ragionamento, le chiusure che hanno riguardato recentemente le scuole dell’infanzia derivano quindi dall’organizzazione interna delle strutture che non garantisce le bolle classe, e, per questo, sono intrinsecamente difficili da prevenire.
“L’analisi dell’esponente Pesci di Filcams Cgil, il sindacato che, ricordiamolo, tutela gli operatori del Commercio, Turismo e Servizi, apre – per il Comitato aretino giù le mani dalle mense – tuttavia uno scenario differente, legato fatalmente ai vaccini, e che non possiamo ignorare anche in vista del prossimo anno scolastico. Secondo i dati forniti da Governo e Regione aggiornati al 16 aprile, oltre l’80% del personale scolastico della Toscana ha ricevuto la prima dose di vaccino. Eppure, sostiene Pesci, alla base della chiusura del Pianeta Azzurro “c’è la mancanza di vaccini per lavoratori che fanno parte del sistema scuola, ma che non sono riusciti a coprirsi con le dosi messe a disposizione e adesso la loro categoria è chiusa”. La riflessione sembra suggerire che, contrariamente a quanto siamo portati a pensare ma in linea con l’inquadramento contrattuale dei lavoratori in questione, gli addetti mensa abbiano avuto un accesso alla vaccinazione diverso rispetto agli altri dipendenti che vivono la scuola, scatenando una sorta di cortocircuito tra persone che frequentano lo stesso ambiente ma con gradi di immunizzazione differente. Viste sotto questa prospettiva le chiusure delle scuole dell’infanzia avvenute nelle ultime settimane impongono non solo una valutazione delle responsabilità dell’eventuale ritardo con cui si è inserito il personale Elior nelle liste dei soggetti da vaccinare, ma anche il ripensamento di un paradigma che ormai va avanti da oltre vent’anni e che prevede la frammentazione della comunità scolastica in base a criteri di convenienza economica. Fermo restando che ci pare azzardato organizzare il prossimo anno scolastico senza prevedere una qualche forma di obbligo vaccinale per chi è impegnato nella conservazione del funzionamento dell’universo scuola, come è già avvenuto in ambito sanitario, quello che ci chiediamo è: quali sono le garanzie e le prerogative con cui vogliamo affacciarci al traguardo fondamentale legato alla riapertura permanente ed in sicurezza della scuola? Se non porremo le giuste basi e i dovuti prerequisiti, a saltare per l’ennesima volta non saranno solo quei servizi aggiuntivi che rendono conciliabili i tempi famiglia e lavoro per centinaia di nostri concittadini, ma sarà la stessa attività didattica in presenza, sostenuta in modo inderogabile anche dal ruolo di addetti che al momento non sono considerati personale scolastico, ma che sono parte integrante del sistema come appunto gli addetti della mensa. La realtà è che la convivenza all’interno delle scuole, ambienti oggettivamente e strategicamente delicati, di procedure e protocolli differenti a seconda del contratto di lavoro sottoscritto dagli operatori, mette a rischio la ripresa e la ripartenza della nostra città e provoca, quantomeno, grande preoccupazione tra i genitori. Basti pensare a quanto avvenuto nel plesso don Milani di San Leo, dove i casi di positività al Covid 19 hanno riguardato 13 bambini, 4 maestre, 1 ausiliaria, ma in cui gli addetti Elior, che, a quanto ci risulta, in caso di quarantena o isolamento non percepiscono alcuna indennità, non sono stati inseriti nel tracciamento né messi in quarantena, nonostante condividessero con il personale scolastico bagno, spogliatoio e altri spazi comuni; ma anzi hanno continuato a lavorare per fornire pasti alla vicina scuola primaria Elio Bettini e al nido Peter Pan, solo perché soggetti al protocollo di sicurezza nei luoghi di lavoro e non a quello vigente per la scuola. Se trovare una soluzione a queste problematiche entro l’inizio del prossimo anno scolastico ci sembra doveroso, farlo in maniera efficace e definitiva diventa vitale e passa inevitabilmente per il riconoscimento del valore della comunità educante intesa come un unicum che va protetto nel suo insieme”.