In questo Paese rispettare le regole è da fessi, violarle è da furbi. La gestione del presente

Io mi ostino a credere che più che norme da far rispettare, cosa impossibile, perché non possiamo piazzare un poliziotto ad ogni angolo, valga per tutti il principio di responsabilità. E qui casca l’asino. Perché, non mi stancherò mai di ripeterlo, il senso di responsabilità nasce da un’azione pedagogica e culturale che in questi anni è mancata. Diciamocelo chiaro: in questo benedetto paese, rispettare le regole è da fessi e violarle è da furbi. L’esempio peggiore l’hanno dato le classi dirigenti (non solo politiche), che prive di un retroterra culturale/ideale hanno smarrito la loro funzione di guida, mostrandosi incoscienti, in molti casi incompetenti e talvolta disoneste. Hanno barattato la propria leggerezza con l’irresponsabilità collettiva, fino al punto che potremmo fare a meno di sindaci, presidenti di Regione e ministri, ma anche di rappresentati di categorie economiche, associazioni, aziende pubbliche. Quasi tutti (anche qui ci sono lodevoli eccezioni), hanno smesso di costruire strategie e di pensare al domani, limitandosi a gestire l’esistente e il presente. Preoccupati dei like su Facebook ma per niente interessati a quello che succederà tra un anno o due.
Da questa situazione non poteva che nascere una società polverizzata, dove contano solo gli interessi spiccioli. Per questo, nelle ultime settimane, abbiamo assistito a uno spettacolo indecente, con un assalto di gruppi, classi, corporazioni alle mammelle dello stato. Tutti a scalciare per attaccarsi alla poppa più grassa. Come se quei denari non fossero denari di tutti, ma arrivassero dal pianeta Mongo. Ce ne accorgeremo tra qualche anno, quando dovremo rimettere un debito mostruoso. Ma questa è un’altra storia. La storia di oggi ci parla di persone che infischiandosene della salute propria e di quella degli altri fanno quello che cazzo gli pare. No, non ci siamo, gli altri siamo noi, ma fino a un certo punto.