Il futuro verrà e tutti noi vogliamo che sia amaranto

Per questo ha fatto un po’ specie leggere sul sito dell’associazione calciatori la presa di posizione dei tesserati dell’Arezzo Calcio che hanno puntualizzato la loro situazione (peraltro comune a tutti gli sportivi professionisti) e richiesto chiarezza e indicazioni sul futuro. Sinceramente sono rimasto un po’ perplesso. Le preoccupazioni sul futuro professionale riguardano oggi come oggi milioni di persone. Non sappiamo quante saranno le aziende che riusciranno a continuare a lavorare dopo aver riaperto a fatica, i negozi che potranno tornare ad aprire con profitto, gli alberghi e ristoranti che sapranno adeguarsi alle nuove stringenti normative…
Dire che il futuro per tanti è un’incognita, un punto interrogativo al quale ad oggi non c’è risposta, è scrivere una cosa scontata. In questo contesto, la presa di posizione di Cutolo e compagni è nella stessa direzione delle molte analoghe richieste di rassicurazione avanzate da operai, addetti al commercio ed al turismo, di tutti coloro insomma che questa impensabile pandemia ha messo a casa per due mesi facendo crollare certezze che si credevano consolidate. Come hanno giustamente ricordato nella loro prosa, il calcio per questi ragazzi è una professione e quindi non devono trovare campo le facili ironie sui privilegiati dello sport, dato che oltretutto in serie C il privilegio è del tutto relativo (più che altro hanno la fortuna di aver trasformato una passione in professione). E’ però anche vero che i calciatori che vestono la casacca a noi cara, hanno avuto sino ad oggi la possibilità di verificare la correttezza e la puntualità della società per la quale sono tesserati, cosa da loro rimarcata, ragion per cui vien da chiedersi cosa li abbia indotti a prendere posizione tramite l’associazione di categoria, manco si fosse tornati ai tempi cupi della “Banda dei tre”. Legittima l’ansia, legittimo cercare di capire il proprio futuro, ma oggi come oggi chi può dare loro una risposta concreta? Nei palazzi si palleggia ancora la decisione, inventandosi formule astratte, tra rimandi e incertezze. All’estero molti campionati minori (tranne la massima serie, intendo) sono già stati mandati in archivio. Da noi si farà probabilmente lo stesso, ma resta da dipanare la matassa economica legata incontrovertibilmente alle riforme necessarie a riconsiderare l’assetto della categoria, oltre che ai contributi che saranno indispensabili per rilanciare i club e sollevarli dalle ambasce in cui questa crisi li ha fatti sprofondare. Che si vada verso un ridimensionamento delle cifre che fino ad oggi circolavano intorno al pallone è assai probabile e forse anche auspicabile. Resta il fatto che fino a che la nebbia non s’è diradata è difficile ipotizzare la via da seguire e conseguentemente anche impostare discorsi in prospettiva.
Voglio pensare e sperare che quel comunicato sia stato nulla più di un “ballon d’essai” diretto alla dirigenza per reclamare un contatto più stretto, ora che i vincoli da quarantena si vanno un po’ allentando. Non voglio invece pensare che qualcuno approfitti della naturale distrazione dovuta al Covid-19 per alimentare giochetti di bassa lega e rinfocolare vecchie voci smentite sino ad oggi dai fatti. Giorgio La Cava ed Ermanno Pieroni possono mettere sul piatto della bilancia una correttezza che pochi altri club hanno avuto. Ci vuole (ancora, lo so che è difficile, ma ancora: sì) pazienza per capire cosa sarà il domani e poi sedersi ad un tavolo. Tra persone serie si fa così e nel nostro caso da una parte e dall’altra ci sono persone che hanno questa qualità. Il futuro verrà e tutti noi vogliamo che sia amaranto.