Politica
Il silenzio della solitudine
 
			Guardando le strade vuote, sono andato con la memoria a un lontano dicembre del 1973. La crisi petrolifera (l’austerity) portò allora al divieto di circolazione nei giorni festivi dei mezzi privati. Un provvedimento severissimo, tanto che furono assoggettate al divieto anche le automobili delle autorità, dei ministri e persino del Presidente della Repubblica.
La differenza tra ieri e oggi è che quel momento di sospensione della vita “normale”, fu vissuto come una grande festa. C’era gente in bicicletta, in monopattino, con i pattini a rotelle e perfino con i cavalli, a occupare gli spazi lasciati liberi dalle auto. E i bambini continuarono a giocare, scorrazzando nelle strade svuotate dal traffico, perché il divieto riguardava i mezzi, non le persone. Oggi, in quello che viviamo, non c’è allegria. Quando si contano i morti e la malattia s’insinua nelle nostre esistenze, non ci può essere buonumore. Perfino il silenzio è di una qualità diversa. Allora era il mutismo dei motori a scoppio, oggi è il silenzio delle persone, il silenzio della solitudine.
Alla fine ne usciremo. Ne usciremo più forti o più fragili? Io credo più forti, ma qualcosa dovrà cambiare. Pensare di continuare come abbiamo fatto fino ad oggi, nell’eterna festa del consumo e dell’assenza di regole, significa non aver capito niente di quello che sta accadendo.




