Politica
Sanità, in emergenza il riassetto degli ospedali è quello giusto?
Con una velocità encomiabile, visti i tempi della burocrazia italiana, si spostano i servizi tra un nosocomio e un altro, si riattivano sedi, si riaprono ambulatori. Il grosso delle chirurgie del San Donato prende la strada del Centro Chirurgico Toscano, la chirurgia ortopedica se ne va al San Giuseppe e molti altri cambiamenti mutano il volto della sanità provinciale. Tutto questo sommovimento è pensato per liberare spazi al San Donato, in vista della possibile ondata di Covid-19 che si abbatterà (forse) sulla Toscana. Si è così deciso di giocare d’anticipo, senza mezze misure, con scelte forti, in grado di dar risposte a bisogni essenziali.
In questa situazione sbaglia chi si pone il problema da che parte penda la bilancia: se ne avvantaggia il pubblico? Se ne avvantaggia il privato? L’importante è che al netto di quest’operazione siano i cittadini a trarne vantaggio.
Tuttavia, da uomo poco addentro ai problemi tecnico-organizzativi, mi pongo il tema della rete degli ospedali di vallata. Poteva essere questa l’occasione per rimediare all’impoverimento e al sottoutilizzo in cui versano quelle strutture? Nel nefasto frangente del coronavirus, l’azienda ha fatto la scelta di deviare su La Fratta l’oculistica, su Sansepolcro la dermatologia e su Bibbiena l’endoscopia digestiva. Funzioni importanti, ma che non qualificano un nosocomio e non spostano di un grammo gli equilibri. In una situazione come quella che stiamo attraversando, dove il Presidente Rossi setaccia la Toscana per trovare strutture sanitarie, forse non è del tutto comprensibile lasciare sale operatorie chiuse, reparti semi-deserti e personale qualificato confinato in strutture periferiche alle quali è restituita solo una minima parte delle potenzialità. Sono considerazioni da uomo della strada, piccola cosa, perché, di fronte all’emergenza, ogni dubbio diventa insignificante, anzi, peggio, diventa un sabotaggio.





