Lucacci: “Sale operatorie non utilizzate? Errata gestione sanità toscana”

Espone Francesco Lucacci: “Il problema delle sale operatorie sottoutilizzate all’ospedale di Arezzo è causato da una serie di motivi concatenati“.
Prende la parola Ezio Lucacci:
“Intanto va detto che un problema della sanità toscana – a parere di chi vi ha lavorato per anni, come il sottoscritto – consiste nel fatto che non c’è abbastanza compenetrazione tra pubblico e privato e le limitazioni poste alle operazioni eseguite dal privato in convenzione sono una delle cause che creano lunghe liste d’attesa. Se la dirigenza Asl decide di mettere in atto una convenzione con una casa di cura aumentando il numero degli interventi in convenzione, questo comporta un’economia, perché alla casa di cura convenzionata viene pagato un compenso per ogni intervento, diminuito anche fino al 20-30% rispetto a quanto la Regione riconosce ad un ospedale pubblico. Questo vale per gli ospedali a valenza provinciale come Arezzo, Grosseto, Livorno eccetera. Il risparmio è ancora maggiore se lo stesso tipo di intervento viene eseguito rispetto ad uno dei tre ospedali universitari della Toscana, che sono remunerati con tariffe molto più elevate, essendo strutture ad alta complessità. Tutto questo per far capire ai non addetti ai lavori che a parità di prestazioni, con le convenzioni, la Regione potrebbe risparmiare parecchi soldi. Ma la sinistra questo non lo vuole!
Per completare e per chiarezza in merito alle convenzioni con le case di cure accreditate e convenzionate con il servizio sanitario della Toscana, mi sento in dovere di precisare che la Regione Toscana stipula convenzioni con le case di cura accreditate e convenzionate di Arezzo per un certo numero annuo di prestazioni sanitarie, sia in regime di prestazioni diagnostiche ambulatoriali sia in regime di interventi chirurgici per le prestazioni che le case di cura possono essere in grado di effettuare, rispettando certe condizioni sottoscritte dalla Regione e dalle stesse case di cura. Il numero delle prestazioni annue in convenzione è stabilito nella convenzione e limitato, per cui i cittadini toscani che si rivolgono ai chirurghi che operano in convenzione nelle case di cura accreditate e convenzionate non è aperto, ma per così dire chiuso. Nel senso che per ogni specialità chirurgica e anche per ogni prestazione ambulatoriale diagnostica che la casa di cura può eseguire in regime di convenzione con il servizio sanitario della Toscana, non è illimitato per ogni anno, ma contingentato e stabilito dalla Regione. Per lo più per questo motivo molti pazienti verso il mese di ottobre non possono più usufruire delle prestazioni sia mediche di diagnostica ambulatoriale e degli interventi chirurgici in regime di ricovero e devono aspettare alcuni mesi per avere la prestazione in convenzione.
Ad esempio, in altre regioni in genere del Nord Italia, le convenzioni sono libere, per cui la spesa sanitaria di queste regioni è più bassa e, soprattutto, le liste d’attesa sono meno chilometriche, mentre da noi sono lunghissime, con disagi a non finire ai cittadini che le subiscono”.
Continua il Dott. Lucacci:
“A proposito di liste d’attesa, non è giusto che pazienti affette da malattie neoplastiche al seno debbano aspettare oltre un mese prima di essere sottoposte ad intervento chirurgico quando le direttive della Regione Toscana parlano di rimanere sotto il mese di attesa, per ridurre al minimo lo stato d’ansia che stressa oltremodo le pazienti che sono colpite da questa affezione. La Breast cancer unità dell’Ospedale San Donato di Arezzo è dotata della migliore tecnologia e dei migliori operatori di diagnosi e cura di questa malattia, anche grazie al Calcit e agli aretini di ogni età e estrazione sociale che (con spirito di solidarietà che non ha eguali) da anni raccolgono fondi per dotare gli ospedali della nostra provincia delle tecnologie più moderne. Ad Arezzo vengono eseguiti annualmente oltre 300 interventi per patologia neoplastica alla mammella, numero che supera il limite stabilito dalle linee guida emanate dalle società scientifiche che validano l’attività degli operatori chirurgici dedicati a tale patologia che, purtroppo, non tende a decrescere. Il chirurgo dedicato a questa patologia esegue anche numerosi interventi di chirurgia plastica ricostruttiva in un unico tempo con la chirurgia demolitiva o in differita, a seconda dei casi”.
“Gli aretini“, va avanti Ezio Lucacci, “si meritano un ospedale con una delle eccellenze che lo contraddistinguono, insieme ad altre che tutti conosciamo e che sono frutto dell’incontro della solidarietà dei cittadini e della abnegazione degli operatori della sanità aretina, e bisogna evitare che l’ospedale di Arezzo venga marginalizzato a favore degli ospedali universitari, cosa che appare all’orizzonte come il disegno di fondo della politica sanitaria del PD in Toscana“.
Prosegue l’Avv. Lucacci:
“Tornando ai motivi del sottoutilizzo delle sale operatorie, il primo motivo è da ricercarsi nella nota carenza di anestesisti all’ospedale di Arezzo e non solo, cosa che impedisce il pieno utilizzo delle sale operatorie. Secondo motivo, la scellerata gestione del personale, le assunzioni a tempo determinato di medici e la mancanza di concorsi per immettere in ruolo i medici (anche chirurghi oltre che anestesisti), necessari a coprire le carenze di organico. Senza considerare che spesso chi entra per concorso poi si sposta nelle città di provenienza, magari in altre province della Regione. Di certo si scontano anche errori enormi, decennali, nella gestione della formazione dei medici a livello nazionale, con la mancanza di medici da immettere in ruolo, medici che comunque non sono attratti dal lavorare nel pubblico.
In ogni caso la responsabilità è da rinvenire sempre nella gestione politica scellerata della sanità da parte della Regione Toscana e dunque del PD; dalla mancanza di una strategia di gestione corretta ed oculata anche del personale, a cui adesso si cerca di correre ai ripari con tentativi spot in questa regione dalla scarsa efficacia; dall’aver accorpato le Asl in modo assurdo e ridicolo con un aumento delle figure amministrative apicali e uno spreco di risorse, invece dei previsti risparmi: è della strategia di base errata nel gestire la sanità in Toscana che dobbiamo fare a meno, non delle convenzioni con il privato.
Le proposte del candidato Giani in tema di sanità, ad esempio, tra cui un ritorno ad Asl più piccole, o gli annunci del governatore Rossi su nuovi soldi per l’edilizia sanitaria e nuove assunzioni, sono poco credibili se fatte dalla parte politica che ha combinato questo disfacimento.
Per cambiare i toscani dovrebbero affidarsi a chi non ha mai governato la Toscana, non a chi l’ha rovinata”.