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lunedì | 27-10-2025

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Economia

Panno del Casentino, cala il sipario. Chiude la Manifattura di Soci: “Fatturato ai minimi, costi troppo alti. Finale di cui tutti dobbiamo sentirci responsabili”

Bibbiena (AR) – Cala il sipario sulla Manifattura del Casentino, la storica azienda del lanificio di Soci che da secoli produceva il celebre panno del Casentino, simbolo della tradizione manifatturiera toscana e ambasciatore del nome del territorio nel mondo. Da giovedì 23 ottobre stop alla produzione, azienda in liquidazione, tra trenta giorni verranno smontati i macchinari, poi sarà la fine, a meno che nel frattempo qualcuno non intervenga. In queste ore sono in molti a chiedersi se, dopo anni di tira e molla, la situazione possa trovare una soluzione.

Andiamo per ordine. Dopo mesi di crisi e tentativi di rilancio, la notizia della chiusura – che lascia a casa tredici lavoratori, tra cui alcuni soci della cooperativa – è stata annunciata dalla Cgil e confermata dai titolari Roberto Malossi e Andrea Fastoni, amministratori e soci della storica manifattura.

«Abbiamo tenuto duro fino a giugno – racconta Fastoni – nonostante il fatturato fosse ridotto a 300 mila euro, un terzo del 2024 e un decimo del 2022. Poi, dal primo luglio, abbiamo dovuto mettere in cassa integrazione gli operai. Abbiamo interessato subito la Regione, ma i contatti per una possibile cessione non si sono concretizzati. Non ci restava che la liquidazione».

La lettera dei titolari: “Dopo secoli, un gran finale di cui tutti dobbiamo sentirci responsabili”

In una lunga e amara comunicazione inviata a istituzioni e rappresentanti politici, Malossi e Fastoni hanno espresso tutta la loro delusione per l’assenza di risposte concrete:

«Abbiamo esteso questa comunicazione ad altri soggetti politici e non, perché la riteniamo estremamente importante, ultima e definitiva per l’eventuale sopravvivenza del sito produttivo del Panno Casentino di Soci».

I due titolari ricordano di aver scritto già l’8 settembre 2025 a Regione, Comuni e imprenditori, senza ricevere riscontri ufficiali.

«Capendo il periodo elettorale – spiegano – abbiamo atteso con discrezione, evitando passerelle e strumentalizzazioni politiche. Speravamo in concretezza da parte delle istituzioni, ma non è arrivata né prima né dopo le elezioni».

E aggiungono:

«In mancanza di azioni concrete per la salvezza del sito produttivo, abbiamo dovuto mettere l’azienda in liquidazione e licenziare tutto il personale. Siamo coscienti che questo metta in difficoltà le aziende locali che utilizzano il Panno Casentino, ma dopo mesi di crisi, di cui tutti erano informati, non avevamo altra scelta».

Il loro appello finale è un grido di dolore:

“Siamo ancora in tempo per salvare il Panno, almeno finché non smonteremo i macchinari storici, fra circa trenta giorni. Dopo sarà finita per sempre. Questo non potrà passare sotto silenzio: il Panno merita almeno un bel necrologio in prima pagina. Dopo secoli, un gran finale del quale tutti ci ricorderemo e di cui dovremo sentirci responsabili, voi tutti compresi.”

La lunga crisi e la voce dei sindacati

La Cgil parla di una fine annunciata, arrivata dopo anni di mobilitazione.

«Le abbiamo tentate tutte – spiega Alessandro Mugnai, dirigente della Filctem Cgil – ma l’azienda non aveva più commesse. Dopo il taglio della corrente elettrica sono arrivate la chiusura e le lettere di licenziamento agli ultimi tredici dipendenti».

Elisa Calori, segretaria Filctem, ricorda come il sindacato avesse sollevato il problema già nel 2022:

«Portammo la crisi della Manifattura all’attenzione della Prefettura e del sistema economico locale. Ci fu un’apparente ripresa, ma l’azienda ha sempre operato come contoterzista, restando esposta alle oscillazioni del mercato».

Il segretario provinciale Alessandro Tracchi denuncia «l’incapacità di fare sistema tra imprese e istituzioni» e sottolinea che «la perdita della Manifattura del Casentino rappresenta in piccolo quello che accade su scala nazionale: smantellamento del patrimonio industriale per assenza di strategia e di investimenti».

Panno del Casentino addio

Le iniziative istituzionali: quell’atto della Regione Toscana

A fine 2024, il Consiglio regionale della Toscana aveva approvato un ordine del giorno dedicato proprio alla salvaguardia del Panno del Casentino. L’iniziativa, presentata dall’allora consigliere regionale Marco Casucci (allora in quota Lega) e collegata alla legge di bilancio, impegnava la Regione a chiedere al Ministero del Made in Italy di attivare misure a sostegno della manifattura e dei lavoratori.

«L’approvazione del mio ordine del giorno – spiegava Casucci – è un segnale di attenzione doveroso, a tutela non solo di un prodotto di eccellenza, ma di un simbolo della moda italiana, unico al mondo. Una delle caratteristiche del Panno del Casentino è la resistenza alle intemperie: resistenza che dobbiamo continuare a garantire alle aziende e ai lavoratori».

Casucci aveva ricordato anche il sostegno espresso dal ministro Giorgetti e dall’onorevole Tiziana Nisini: «Con questo atto – aveva concluso – impegniamo la Giunta a mantenere alta l’attenzione e a incentivare il dialogo col Governo».

L’iniziativa aveva trovato la convergenza degli ex consiglieri regionali Vincenzo Ceccarelli e Lucia De Robertis (PD), che avevano presentato emendamenti poi accolti.

«Il Panno del Casentino è molto più di un tessuto – avevano dichiarato – è il simbolo della nostra storia, della capacità manifatturiera toscana e di una tradizione che affonda le radici nel Medioevo. Non possiamo permettere che questa eccellenza venga cancellata».

Secondo Ceccarelli e De Robertis, la crisi che ha investito la filiera tessile toscana «rischia di mettere a repentaglio un patrimonio unico e numerosi posti di lavoro». L’atto, approvato congiuntamente, impegnava quindi la Regione a «sollecitare il Governo affinché adotti misure straordinarie per sostenere la Manifattura del Casentino, garantendone la sopravvivenza e il rilancio».

Un atto che è evidentemente rimasto ‘lettera morta’ o non ha sortito gli effetti sperati.

L’appello del sindaco Vagnoli: “C’è ancora uno spiraglio”

A chiudere il cerchio è il sindaco di Bibbiena, Filippo Vagnoli, che esprime preoccupazione ma non rinuncia alla speranza:

«La comunicazione della chiusura colpisce profondamente la nostra comunità – afferma – ma non è un fulmine a ciel sereno. Abbiamo più volte avvertito la Regione, avanzando proposte e documenti concreti. Le risposte, purtroppo, non sono state sufficienti».

Vagnoli, tuttavia, rilancia un’idea di salvataggio: «Abbiamo ancora un mese di tempo per tentare di preservare almeno una parte della produzione, quella della rifinizione, utilizzando i macchinari storici ancora presenti nel sito. Se c’è volontà comune, possiamo dare una nuova speranza a un pezzo di storia e di identità del Casentino».

Chiusura dell’attività di Manifattura Casentino, Vagnoli intravede uno spiraglio

Chi punta il dito sulle politiche Comunitarie

Sulla vicenda è intervenuta anche Democrazia Sovrana e Popolare (DSP), che ha puntato il dito contro le politiche europee e la mancanza di una strategia nazionale di tutela delle eccellenze manifatturiere.

«Le scelte scellerate dell’Unione Europea, dalle sanzioni alla Russia alle folli politiche energetiche, stanno distruggendo il nostro tessuto produttivo d’eccellenza», ha dichiarato la coordinatrice provinciale Milena Freni.
«Mentre la politica regionale dorme e i sindacati si muovono a ondate emotive, noi difendiamo la sovranità popolare e il lavoro, come sancito dall’Articolo 1 della Costituzione. L’alternativa esiste: restituire forza e dignità a chi mette il lavoro al primo posto».