Cronaca
Processo Mugnai, il prete tiene banco: «Non politica, ma verità e giustizia. Sandro si è difeso da un mostro meccanico»

Arezzo – Nuova udienza questa mattina in corte d’assise per il processo a Sandro Mugnai, l’artigiano 56enne che il 5 gennaio 2023 a San Polo di Arezzo sparò e uccise il vicino Gezim Dodoli, colpendolo con il fucile mentre l’uomo era alla guida di una ruspa che stava distruggendo parte della sua proprietà e la casa.
Tra i testimoni odierni è stato ascoltato anche don Natale Gabrielli, parroco di San Polo, chiamato in aula su richiesta della parte civile. La difesa, rappresentata dagli avvocati Marzia Lelli e Piero Melani Graverini, ha invece rinunciato al suo controesame.
Il sacerdote, che nei giorni scorsi aveva partecipato a una fiaccolata in sostegno dell’artigiano, ha ribadito la sua posizione:
«Non sono né fascista né comunista, ma sono per la verità e la giustizia. Sandro Mugnai è stato costretto a sparare, trovandosi di fronte a una ingiusta aggressione. Un mostro meccanico lo stava attaccando».
All’uscita dall’aula, don Natale ha aggiunto:
«Pietà umana per la vittima, certo. Ma qui si tratta di un’ingiusta aggressione. È una questione di verità e di giustizia. La politica non c’entra».
Durante la testimonianza, il sacerdote ha anche ricordato che la famiglia Dodoli non frequentava assiduamente la parrocchia e che solo in rare occasioni aveva visto insieme in chiesa i figli delle due famiglie. Rapporti inizialmente cordiali, poi logorati da vecchie ruggini.
I consulenti della difesa
Nell’udienza di oggi hanno deposto anche tre consulenti della difesa: l’ingegnere Emanuele Del Monte, che ha illustrato i danni subiti dall’abitazione sotto i colpi della ruspa: in base alla perizia di parte sulle condizioni statiche dell’abitazione, dopo i colpi inferti dalla ruspa, l’edificio rischiava realmente il crollo se l’azione non fosse stata interrotta. Il perito balistico Maurizio Boldrini ha contestato le ricostruzioni dei Ris di Parma, che in una precedente udienza avevano sostenuto come i colpi fossero stati esplosi quando Dodoli stava ancora colpendo le auto parcheggiate e non direttamente la casa di Mugnai. Una versione che metterebbe in crisi la tesi della legittima difesa. E’ stata sentita anche la psichiatra Guendalina Rossi, chiamata a descrivere lo stato emotivo dell’artigiano al momento degli spari.
Le versioni contrapposte
Resta il nodo sulla dinamica dei fatti. Secondo Mugnai, l’assalto con la ruspa fu improvviso e mise in pericolo lui e i suoi familiari riuniti a cena, costringendolo a reagire con la carabina da caccia regolarmente detenuta. Dodoli morì all’istante, colpito nella cabina di guida del mezzo.
Per l’accusa, invece, gli spari sarebbero partiti quando la ruspa stava ancora danneggiando le auto all’esterno e non la casa, escludendo così l’immediatezza del pericolo per la vita.
Verso la sentenza
Il procedimento è arrivato a un punto cruciale. Dopo le testimonianze, a metà ottobre si terranno requisitoria e arringhe, seguite dalla sentenza – salvo rinvii.
Questo è il secondo processo a carico di Mugnai: il primo, per eccesso colposo di legittima difesa, si era concluso con il rinvio degli atti alla Procura. Il gip, infatti, aveva escluso che quanto accaduto potesse rientrare nei confini della legittima difesa, aprendo così la strada all’attuale imputazione, ben più pesante, per omicidio volontario.
Adesso la decisione spetta alla corte composta da due togati e sei giudici popolari.