Acquedotto Vasariano illuminato: una meraviglia

L’Acquedotto Vasariano di Arezzo ha vissuto ieri sera uno dei momenti più emozionanti della sua lunga storia di 422 anni. Alle 21:30, alla presenza del sindaco Alessandro Ghinelli e dei protagonisti e promotori dell’iniziativa, si è tenuta l’inaugurazione della nuova illuminazione permanente che valorizza e restituisce alla città uno dei suoi simboli più maestosi e identitari. A illuminarsi, uno dopo l’altro, sono stati i 52 archi monumentali realizzati tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento per portare l’acqua nel cuore della città. Un’opera architettonica di straordinaria eleganza, che ora – grazie a fari a led a basso consumo, uno per ogni arcata – risplende anche di notte, raccontando la propria storia attraverso la luce. E il momento dell’accensione, sulle note dell’Inno di Arezzo (Video: da social), è stato di particolare suggestione.
Un progetto condiviso, un’opera collettiva
L’intervento, guidato dalla Fraternita dei Laici, proprietaria dell’infrastruttura, è stato reso possibile da una collaborazione tra pubblico e privato. Pier Luigi Rossi, primo rettore della Fraternita, insieme al sindaco Ghinelli, ha fortemente voluto il completamento di questo progetto di valorizzazione, sostenuto con 65 mila euro dalla Fraternita stessa e 25 mila euro da sponsor istituzionali e privati.
“La suggestione e la meraviglia di un capolavoro di architettura e di idraulica che da oltre 400 anni disegna la nostra campagna – ha dichiarato il sindaco Ghinelli –. L’illuminazione dell’Acquedotto Vasariano è un regalo prezioso alla città e rappresenta il più spettacolare completamento di un anno interamente dedicato alla celebrazione di Giorgio Vasari”.
La Soprintendenza ha seguito e approvato ogni fase del progetto, che ha coinvolto banche, associazioni, privati cittadini e la Camera di Commercio, in un esempio virtuoso di valorizzazione culturale e paesaggistica.
Dalla visione di Vasari alla realizzazione secolare
L’Acquedotto Vasariano nasce come risposta a un problema annoso: la scarsità d’acqua durante i mesi estivi. Dopo i primi progetti nel Trecento, e il fallimento del sistema della Fonte Veneziana, fu la Fraternita dei Laici a farsi carico, nel Cinquecento, della costruzione di una nuova condotta idrica, ispirata a una delle sette opere di misericordia: dar da bere agli assetati.
Fu proprio Giorgio Vasari a studiarne i primi tracciati, cercando di deviare le antiche acque di Cognaia. La morte dell’artista nel 1574 interruppe il progetto, ma nel 1590 fu ripreso e portato avanti dall’architetto Raffaele Pagni, con il sostegno del granduca Ferdinando I de’ Medici. I lavori si conclusero nel 1603 grazie all’intervento dell’architetto Gherardo Mechini, che progettò anche la fontana terminale in Piazza Grande.
Un itinerario nascosto tra gallerie e archi
Il percorso dell’acqua si snoda per sei chilometri dalle pendici dell’Alpe di Poti fino al centro storico, passando per gallerie sotterranee e serbatoi di decantazione. I tratti più iconici sono proprio i 348 metri esterni degli archi che attraversano la valle tra San Fabiano e San Donato: un’architettura maestosa che ricorda gli acquedotti romani, oggi resa ancora più visibile e suggestiva grazie alla nuova illuminazione.
Sopra agli archi corre tuttora la condotta – oggi prudenzialmente non potabile – che per secoli ha dissetato gli aretini. Una rete che è stata riscoperta e riattivata negli ultimi anni proprio dalla Fraternita dei Laici, con l’impegno del dottor Pier Luigi Rossi e del suo magistrato.
Un simbolo che rinasce sotto nuova luce
Con la sua nuova veste notturna, l’Acquedotto Vasariano diventa non solo un monumento visibile, ma anche vivibile, parte integrante del paesaggio urbano e culturale di Arezzo. Un’opera che non smette di raccontare la propria funzione sociale, tecnica e spirituale, ricordando l’eredità vasariana e il legame profondo tra architettura, ingegneria e comunità.
In un’epoca in cui la sostenibilità e la valorizzazione del patrimonio diventano strumenti fondamentali per lo sviluppo urbano, la luce sull’Acquedotto è un messaggio forte e chiaro: la storia di Arezzo non solo si conserva, ma si illumina, si condivide e si rinnova.