L’arte di vivere l’arte, con Strinati, Di Loreto, Schmidt e Migliorati: appuntamento ad Arezzo

Pietro di Loreto: “Un volume di studi ‘honoris causa’ è sempre un doveroso omaggio a chi con la sua attività e con la sua personalità ha lasciato un segno profondo nel campo della culturale e della scienza. A maggior ragione quando la persona è tuttora in grado di recitare un ruolo di protagonista primario nei settori di sua pertinenza. Ecco perché, ricorrendo il suo settantesimo compleanno, dedicare un volume di studi in onore di Claudio Strinati ci è sembrato un passo obbligato, considerando quando questo studioso/amico ha dato continua a dare alla cultura italiana, sia avendo ricoperto cariche istituzionali di assoluto rilievo, sia attraverso i suoi studi che continuano a svilupparsi in modo sempre originale ed approfondito. Il lungo e qualificatissimo elenco dei partecipanti, italiani e non (e non soltanto storici dell’arte) ma soprattutto il favore e l’entusiasmo espresso da tutti loro nell’aderire a questa impresa, è sicura testimonianza dell’ampiezza dei gradimenti da Claudio ottenuti in anni ed anni d’impegno, oltre che della varietà e qualità di quanto ha praticato. Siamo convinti che grazie a questo ampio straordinario ventaglio di partecipanti è stato realizzato un lavoro che si attesterà tra quelli di maggior rilievo nel campo degli studi ‘honoris causae’.”
“Se a sovrintendere al restauro di Notre Dame de Paris dopo la Rivoluzione francese ci fosse stato Claudio Strinati – dichiara Fabio Migliorati – forse la troppo incisiva polemica tra la Scuola di Viollet-le-Duc e quella di John Ruskin sarebbe stata mitigata in un prodotto di minori danni. Nell’età romantica, la riflessione sul restauro si spaccò appunto intorno 1) all’estetica o 2) alla storia. Il restauratore per Viollet-le-Duc deve mettersi nei panni dell’architetto originario, penetrare nella sua mentalità. E attraverso uno studio rigoroso delle fonti, ricostruire il momento storico nel quale l’opera venne pensata. Restaurare un edificio non è affatto mantenerlo, ripararlo o rifarlo, è il ristabilirlo in uno stato completo che può non essere mai esistito in nessun momento. Il suo era un restauro “di ripristino”: l’obiettivo era quello di riportare il bene culturale alla sua condizione iniziale, quella che ne aveva caratterizzato la nascita. In Viollet-le-Duc l’estetica prevale sulla storia, ed Eugène fu il primo architetto a operare in maniera scientifica nel campo del restauro per “documentare il passato” e poi interpretarlo, perché ciò che conta è una continua ricerca della bellezza. E l’uso dei nuovi materiali, soprattutto il ferro, diventa prezioso. Per Ruskin, invece, l’edificio somiglia a un organismo vivente: nasce, cambia, muore. E il tempo può solo aumentarne il fascino. In un edificio, la storia conta più dell’estetica. Restaurare, allora, è un atto immorale. Anzi, sostituire l’originale con una copia “è la peggiore delle distruzioni”. Cosa fare quindi di fronte a un monumento in rovina? La ricetta, al posto del restauro, come scriveva William Morris è soltanto “la tutela per evitare il degrado attraverso cure giornaliere”. Ho lavorato con Caludio Strinati nei primi 2000, quando aveva trasformato Palazzo Venezia in una sezione per gli artisti emergenti. Strinati è un estimatore di letteratura moderna, di teatro, di archeologia; è uno studioso di musica, di biografia, ma soprattutto non si farà mai scordare per la riorganizzazione di alcuni tratti della dirigenza pubblica museale romana, sfociati nelle mostre dell’opera di Domenichino, di Pietro da Cortona, di Lanfranco, di Sebastiano del piombo, di Caravaggio e i Caravaggeschi, di Carlo Saraceni, per finire con gli studi su Raffaello, Tiziano, Tiepolo, Mattia Preti, Guercino, Bronzino e altri. Dalla fine degli anni Settanta, Strinati aveva chiaro quale fosse il fervido legame tra tutela e valorizzazione, e come nessuna delle due potesse procedere troppo disgiunta dall’altra. Storicamente, Claudio Strinati è stato più o meno il campione dei trent’anni di romanità artistica che si sporgono dall’ultima decade del Cinquecento, nelle prime due del Seicento (da Innocenzo IX a Paolo V Borghese)”.
L’ARTE DI VIVERE L’ARTE. Scritti in onore di Claudio Strinati
Sabato 27 aprile 2019, ore 16.30 – Arezzo, Palazzo di Fraternita:
convegno per uno tra i più significativi Storici dell’Arte italiani.
L’autore Pietro di Loreto, sociologo dell’arte, introdurrà:
– Claudio Strinati
già Soprintendente Polo Museale Romano;
– Eike Dieter Schmidt
Direttore Uffizi di Firenze;
– Fabio Migliorati
già Direttore Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Arezzo.