Dal Canto: "Ad Arezzo finite le motivazioni, me ne vado". Restano tanti non detto. Faccio l'elenco

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Giampaolo, premiato col Timone d'Oro, lascia la Sampdoria e va al Milan. Dal Canto va via e basta. Grazie per il lavoro svolto. Per augurargli le migliori fortune, vediamo qual'è la destinazione. Confidiamo in Pieroni

La margherita non ha più petali. L’ultimo l’ha staccato ieri sera Alessandro Dal Canto a margine della consegna del “Timone d’Oro” all’ormai ex mister della Sampdoria Marco Giampaolo.

E’ stato probabilmente per adeguarsi alla serata, che anche il condottiero della bella stagione amaranto, ha confermato, ai microfoni dei cronisti presenti, la già trapelata richiesta di rescissione contrattuale motivandola con l’esaurimento delle motivazioni.

In sostanza, Dal Canto ha detto che lui meglio di così con l’Arezzo non potrebbe fare e questo lascia spazio ad una serie di valutazioni. Meglio di così non si può perché la società non è in grado di ripetere una “pesca miracolosa” come quella che l’estate scorsa ha portato a far vestire la nostra maglia a giocatori come Brunori, Buglio, Basit, Sala, Pinto, Zappella, Serrotti, Borghini.  Oppure meglio di così non si può perché adesso il gruppo che ha conquistato la semifinale play-off viene smantellato tra prestiti che rientrano e necessità di monetizzare: ripartire da capo è dura. O ancora: meglio di così non si può perché la piazza esprime potenzialità da terza serie e le ambizioni personali sono altre.

La lista potrebbe andare avanti all’infinito, anche se alla fine appare chiaro che c’è un “non detto” che né Dal Canto, né la società riveleranno mai, ma che ha portato il tecnico di Castelfranco Veneto a decidere “ben prima della fine” che il suo tempo all’ombra di San Cornelio era terminato.

Certo per chi, come chi scrive, è legato ad una certa (forse obsoleta) idea di calcio, sentir parlare di mancanza di motivazioni dopo una stagione così, fa un po’ specie.

Tornano in mente l’esempio (già citato in alcuni forum di tifosi) di Antonio Valentin Angelillo che, arrivato a stagione in corso e con l’Arezzo ultimo in classifica, seppe raddrizzare la barca e conquistare la Coppa Italia, ma si guardò bene dal parlare di fine degli stimoli, tanto che la stagione successiva ci guidò alla conquista della serie B e poi ancora in due stagioni da incorniciare tra i cadetti. Si dirà: ma a lui tra l’anno dell’arrivo e quello successivo confermarono in blocco la squadra, aggiungendo i soli Pellicanò e Marino Lombardo. Vero, ma allora vero pure che si va via per qualcos’altro che non sono le motivazioni.  Ci sarebbe poi anche la faccenda del contratto firmato, ma questo nel calcio d’oggi vale ormai meno che zero, sebbene poi ci si continui a stupire che imprenditori seri stiano alla larga da un tritacarne dove quasi sempre sono sotto scopa del procuratore di turno. In ogni caso dispiace. Ci resterà il ricordo di una squadra che ha giocato il miglior calcio che si sia visto da molti anni e che forse poteva davvero arrivare al grande sogno. Oggi il professionismo ha praticamente azzerato il cuore. Riconoscenza, contratti,  stima della gente. Non contano più. In compenso si sono imparate nuove parole: motivazione, senso di responsabilità, crescita professionale. Va bene così; anzi no, ma tanto bisogna farci il callo. Ci resta l’esperienza e la conoscenza del mondo del pallone di Ermanno Pieroni. A lui l’onere e l’onore di ripartire con ambizioni immutate. Ad Alessandro Dal canto un grazie per il lavoro svolto. Per  augurargli le migliori fortune per il futuro aspettiamo di conoscere la destinazione. Per una di queste (che lui ha smentito proprio mentre sul sito specializzato della categoria ne davano invece conferma) di auguri manco a parlarne.

Tags: S.S. Arezzo

Paolo Galletti

Paolo Galletti

Laurea in scienze politiche, da quando ha memoria ricorda solo il colore amaranto incitato sugli spalti di mezza Italia. Visceralmente legato alla maglia ed alla città si augura prima o poi di vedere accadere il miracolo sportivo che ancora non è mai avvenuto.