Emergenza calcio: intanto c'è chi non paga gli stipendi. E non è Giorgio La Cava

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La forbice tra ricavi e costi di Serie C era già difficilmente sostenibile prima del blocco, adesso diventerà drammatica. Tre società non hanno rispettato il termine per il pagamento degli stipendi del 16 marzo: CataniaCasertana e Siena

Parlare di calcio ai tempi del coronavirus è probabilmente fuori luogo. Ormai in tantissimi siamo costretti in casa dall’infuriare di una pandemia che non avremmo mai pensato di vivere, legati ai “bollettini di guerra” della protezione civile che ogni sera fa la conta dei contagiati, dei guariti e di chi purtroppo non ce l’ha fatta.  A margine dell’emergenza sanitaria, giocoforza in prima pagina, si comincia a ragionare anche dell’immane danno economico che questa sciagura porterà a tutto il mondo ed alle economie più deboli come la nostra in particolar modo. Ripartire non sarà facile, servirà una lungimiranza ed una capacità di analisi e sostegno da parte di tutte le istituzioni che saranno chiamate a smentire l’attitudine ormai pluriennale alle inconcludenti zuffe da cortile. Tra i settori che faranno una fatica terribile a ripartire, ci sarà il calcio, soprattutto a livello di Serie C. La forbice tra ricavi e costi di questo campionato era già difficilmente sostenibile prima del blocco, adesso diventerà drammatica.  E’ notizia di oggi che tre società non hanno rispettato il termine per il pagamento degli stipendi del 16 marzo: Catania, Casertana e Siena. La prima è da tempo inguaiata, la seconda ha un assetto padronale non proprio chiarissimo ed ha anch’essa attraversato momenti di difficoltà, a Siena invece non c’erano mai stati né problemi, né manifeste difficoltà. La presidente Anna Durio ha giustificato il mancato pagamento con la crisi che sta colpendo molte aziende a causa dello stop improvviso e globale. Ci sta, intendiamoci.  Non ci sta, invece, la supponenza con la quale qualcuno ha accolto la notizia che ad Arezzo Giorgio La Cava ha invece onorato una volta di più i suoi impegni, frugandosi in tasca e assolvendo all’onere non insignificante di assicurare a giocatori e dipendenti il salario di gennaio e febbraio. Semplicistico dire che come qualsiasi imprenditore anche La Cava è tenuto a pagare i dipendenti con puntualità. Il campionato è fermo dal 22 febbraio, non si sa se e quando ripartirà. Se  in un’azienda si fossero chiusi i cancelli il 22 febbraio, i giorni di paga non sarebbero stati corrisposti. Si sarebbe fatto ricorso alle ferie, forse agli ammortizzatori sociali, ma lo stipendio pieno non era certo garantito. Né nelle grandi aziende, né nelle piccole. Forse è il caso, giacchè siamo chiamati a trascorrere parecchio tempo tra le mura domestiche, di provare a riflettere e smettere di considerare che tutto sia scontato quando si parla di quattrini. Forse è il caso di pensare che i due fallimenti della nostra società portano firme locali e che il terzo è stato evitato perché da fuori è arrivato l’aiuto decisivo. Forse è il caso di riconoscere che qui, a differenza (per esempio) di Siena, si fanno poche moine perché il carattere ognuno ha il suo, ma da due anni a questa parte la Società Sportiva Arezzo non sgarra di una virgola sul piano amministrativo finanziario. Una garanzia di serietà anche per il futuro, oggi come non mai appeso ad un filo. Sicuri che ci si possa permettere il lusso di fare i presuntuosi?

Tags: S.S. Arezzo La Cava Coronavirus

Paolo Galletti

Paolo Galletti

Laurea in scienze politiche, da quando ha memoria ricorda solo il colore amaranto incitato sugli spalti di mezza Italia. Visceralmente legato alla maglia ed alla città si augura prima o poi di vedere accadere il miracolo sportivo che ancora non è mai avvenuto.