Covid, l'incubo di Lorenzo: "Godevo di ottima salute. Prevenire il virus a tutti i costi"

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La toccante testimonianza del 35enne montevarchino Lorenzo Stocchi, positivo al virus: "Vi racconto la mia terribile convivenza col Covid"

Stocchi, 35 anni, vive a Montevarchi ed è un collaboratore del sindaco di Terranuova Bracciolini Sergio Chienni. Dal letto di ospedale ha affidato al suo profilo Facebook il resoconto dell'esperienza con il Covid-19 che sta vivendo ormai dal 19 ottobre scorso. Le prime linee di febbre, il sierologico negativo, i sintomi che tardavano a passare e, da qui, la visita al Pronto Soccorso del San Donato di Arezzo dove, a causa del polmone destro collassato, è stato dapprima ricoverato e successivamente trasferito nel reparto di Terapia Intensiva in gravi condizioni. Adesso, col passare dei giorni, sta lentamente migliorando, ma per lui resta e resterà impossibile dimenticare. Anche per aver visto morire il suo giovane compagno di stanza per la stessa patologia.

"In tanti mi hanno chiesto di raccontare la mia esperienza con il Covid-19. Molti avranno già letto queste parole - non sentite perché ancora non riesco a parlare correttamente -, ma magari servirà per sensibilizzare coloro che ancora si ostinano a portare la mascherina sotto al naso e fare le cene con gli amici. Ovviamente i termini medici e le terapie sono riportati da me, che non ho nessuno studio (alle spalle n.d.r.) a riguardo e potrei tranquillamente commettere qualche errore. Inoltre sto scrivendo di getto da un letto di ospedale, quindi anche lo stile di scrittura non sarà dei migliori.

Il 19 ottobre sono dovuto andare al Pronto Soccorso oculistico dell'ospedale di Arezzo per una lesione alla cornea. C'erano moltissimi pazienti in attesa, tutti forniti di mascherina e gel igienizzante. Ma purtroppo in qualche modo il virus, o grazie alle difese immunitarie abbassate o per il fatto che inconsciamente mi toccavo spesso l'occhio, è riuscito a passare.

Dopo cinque giorni, mentre ero in ufficio, è arrivato un leggero mal di testa e quando sono arrivato a casa avevo la febbre a 37,3. Automaticamente mi sono isolato. La mattina successiva sono andato, privatamente, a fare il test sierologico che è risultato negativo. Ma una volta a casa la febbre era salita a 38,5. Non avevo altri sintomi, né raffreddore né tosse, sentivo odori, sapori e tutto il resto. Ma la febbre continuava a salire nonostante le quattro Tachipirina 1.000 che prendevo al giorno. Poteva benissimo essere una semplice influenza, come qualcosa di più grave.

Passati altri tre giorni, il mio medico mi ha fatto la richiesta per il tampone, purtroppo in tutta la provincia non c'era un posto disponibile e ho dovuto aspettare altre 24 ore. Non volendo coinvolgere nessuno della famiglia, ho preso la macchina e sono andato da solo a fare il tampone al drive-through, ma già sentivo che qualcosa era cambiato, avevo il fiato corto e cominciavo a far fatica a parlare. Una volta tornato, il mio babbo mi ha fatto trovare il saturimetro che avevo preso su Amazon qualche giorno prima. La mia saturazione era a 91 con una frequenza a riposo di 109. Troppo poco ossigeno con troppi battiti.

Il mio medico non si sentiva tranquillo e ha preferito allertare l'Usca. Purtroppo anche loro erano pieni di pazienti da visitare e io ancora non avevo il risultato del tampone, quindi non avrebbero saputo se ricoverarmi in un ospedale Covid o normale. Quando il giorno successivo l'Usca è arrivata, non riuscivo già più a parlare. Dalla camera al bagno il fiatone si faceva sentire. Respirare era difficile e mi sentivo come un pesce appena pescato... Boccheggiavo.

Mi hanno subito portato al San Donato di Arezzo. Ho passato 50 minuti in attesa fuori dal Pronto Soccorso perché, seppure fossero le 22:30, c'erano altre cinque ambulanze davanti a me. Dopo la visita e il tampone mi hanno portato in Malattie Infettive. Con la Rx al torace si sono accorti che il polmone destro era praticamente collassato e anche il sinistro era messo male. Mi hanno messo il casco per respirare - il Cpap, che ho tenuto per 11 lunghissimi giorni -, ossigeno sparato a 60lt/minuto, un rumore assordante e continuo che mi impediva di sentire quello che mi dicevano i medici. E io non potevo esprimermi che a gesti perché non avevo fiato e potevo solo concentrarmi sul respiro, dato che non mi bastava l'aria.

A quel punto mi hanno portato in Terapia Intensiva. Ed è cominciato l'incubo. Tra catetere arterioso, catetere venoso, accessi periferici, catetere vescicale, sonde, tubi ero limitatissimo nei movimenti e non potevo muovere bene le braccia per scrivere ai miei cari per cercare un conforto. Ero isolato. Nudo in un letto con medici e infermieri che si aggiravano per la stanza, somministrandomi terapie e azioni per far ripartire i polmoni. Hanno provato a rincuorarmi, ma psicologicamente era veramente dura.

Poi il mio compagno di stanza (in realtà una sala operatoria riadattata) è morto. Ed anche se non lo conoscevo, era lì accanto a me da tre giorni. A quel punto sono crollato. Durante le notti infinite ho avuto delle incontrollabili crisi di pianto. Un pianto di disperazione che non mi sarei mai aspettato da me, sempre cinico e razionale. Il quarto giorno hanno chiamato i miei per dirgli che mi avrebbero intubato. Non stavo migliorando ed era l'unica via percorribile. Entrambi i miei genitori in quel momento sono invecchiati. Mia mamma ha passato la notte a piangere e vomitare. Quella notte, il medico della Rianimazione ha provato a farmi stare a pancia sotto, che tra casco e tutto il resto era una situazione allucinante, ma per fortuna ero sedato. Miracolosamente gli alveoli hanno cominciato a riaprirsi.

Da lì è cominciata la lenta ripresa. Mi hanno riportato in Malattie Infettive con il casco e da quel momento sto facendo una sorta di svezzamento da ossigeno. I polmoni sono ripartiti grazie ai volumi altissimi di ossigeno e ora devo reimparare a respirare normalmente. Nel frattempo ho avuto delle complicazioni dovute alla degenza - e voglio puntualizzare non alla negligenza di chi mi ha assistito e salvato la vita -, semplicemente sono cose che possono succedere in queste situazioni. In Terapia Intensiva provavo a dire che mi faceva male il catetere vescicale, ma mi rispondevano che non ero abituato ed era un fastidio e che non avrei avuto lo stimolo della pipì perché la vescica si sarebbe automaticamente svuotata nel tubicino. Io invece avevo lo stimolo e mi venivano dei crampi fortissimi. Dopodiché mi trovavo tutto bagnato. Quando mi hanno tolto il catetere, si son resi conto di avermi lesionato la vescica. Molto dolore e sangue nella pipì.

Poi, per non farsi mancare nulla, le due dosi di eparina al giorno per evitare la trombosi polmonare hanno fluidificato molto il sangue. Questo mi ha causato fortissime emorragie dal lato B. Una sera mi sono perfino impaurito perché non sapevo come fare a fermare il sangue e alla fine ho dovuto anche pulire il pavimento del bagno perché mi vergognavo. Rispetto ai polmoni collassati sono cazzatine... Ma dopo tutti questi giorni, ogni intoppo pesa sul morale come un macigno.

Piano piano sto migliorando, la saturazione sale, l'Ega migliora e anch'io mi sento meglio. Certo, se tolgo l'ossigeno per andare in bagno o mangiare dopo qualche minuto mi tornano la tosse e l'affanno, ma sto meglio e sono sulla strada della guarigione. Come si vede dalla foto, sono tutto barba e capelli perché con il casco non si mangia e avrò perso circa 10-12 kg.

Se siete arrivati fino a qui con la lettura (cosa per la quale vi ringrazio), avrete capito che è stata un'esperienza terribile. Io ho 35 anni, vado in palestra e sono in ottima forma fisica, non ho patologie pregresse, godo - godevo - di ottima salute. Sono sempre stato molto attento a disinfettare correttamente le mani e ho sempre tenuto la mascherina; eppure il virus è riuscito a passare. Penso al ragazzo di 39 anni di Livorno che è morto per un ritardo, penso al mio compagno di stanza, a tutti quelli che pur lottando non ce l'hanno fatta. Bisogna prevenire il virus a tutti i costi, fare sensibilizzazione e convincere gli scettici. Perché anche loro se ne renderanno conto quando una persona vicina è in fin di vita, ma sarà già tardi".

Tags: Montevarchi Valdarno Coronavirus

Massimo Bagiardi

Massimo Bagiardi

Giornalista pubblicista da 20 anni ho da sempre curato la passione per lo sport e in particolare per la Sangiovannese calcio che seguo con passione ogni Domenica e in tutte le occasioni dal lontano 1989.

Amo la musica anni 80, ho creato e gestisco forzasangio.it sito che parla del magnifico mondo azzurro