25 aprile silenzioso e senza piazze

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25 aprile: ricordate? Gabriella Maria de Rosée, Dante Brocchi, Aurelio Casi, Luigi Gnerucci, Antonio Bartolini, Luigi Guerri, Sabatino Capacci, Giulio Rossi, Gabriele Valdarnini

Sono passati 75 anni dal 25 aprile del ’45, se fosse un matrimonio si parlerebbe di nozze di brillanti. In effetti, a pensarci bene, proprio di un matrimonio si tratta: quello tra la riconquistata libertà e l’Italia.
Sono nozze da festeggiare?
Vista la situazione non vien voglia di fare i fuochi d’artificio. In ogni caso, anche se non fossimo in guerra col covid-19, allignerebbe nel mio cuore una vena di tristezza e vi spiego il motivo.
Scriveva Calvino all’indomani della Liberazione: “Vedevamo a portata di mano oltre il tronco il cespuglio il canneto l'avvenire di un giorno più umano e più giusto più libero e lieto.”
Il mondo oggi è più divertente? Può essere.
Il mondo oggi è più giusto, libero e umano? Nemmeno per sogno.
Ecco perché la Festa della Liberazione porta con sé una nota d’inquietudine, quasi che i sacrifici fatti non abbiano prodotto il frutto sperato.
Al di là di queste considerazioni, il mio auspicio è che questo 25 aprile 2020, senza bandiere al vento e senza piazze, sia davvero una festa di tutti.
Una festa anche per chi odia questa data. Una ricorrenza che da alcuni è vissuta non come la vittoria della libertà, ma come il prevalere di una fazione sull’altra.
E’ stato è un errore, per lungo tempo inevitabile, aver trasformato il 25 aprile in una celebrazione dove la retorica ha sostituito il ragionamento. Perché se è vero che la resistenza è stata costellata di esempi fulgidi e atti eroici, è altrettanto certo che è disseminata di episodi tristi e terribili.
Per il nostro paese quella finita nel 1945 è stata, dal 1943 in poi, oltre che una guerra di liberazione, una guerra civile. Non c’è niente di peggio delle guerre civili ed è difficile arrivare a una riconciliazione se non si passa dal riconoscimento della “buona fede” che animava tutti i combattenti.
“Buona fede” non significa che entrambe le parti avessero ragione. Nondimeno per molti giovani di allora era meglio scegliere di morire che rimanere invischiati in quella zona grigia del tirare a campare, quella “terra di mezzo” del piccolo interesse dove vale il vecchio detto: “o Franza o Spagna, purché se magna".
Sono considerazioni che dopo 75 anni si possono fare senza essere tacciati di revisionismo.
Questo però non significa mettere il silenziatore al 25 Aprile, dandogli un significato che non ha. Ci sarà tempo, purtroppo, per ricordare altri morti e abbrunare i vessilli sui palazzi pubblici. Non v’è ragione politica che possa, a proprio vantaggio, sfruttare il dolore per annullare il valore di una ricorrenza.
Il 25 aprile è giorno di ricordi collettivi e per questo voglio riportare alla memoria del mio paese Gabriella Maria de Jaquier de Rosée, staffetta partigiana, uccisa il 7 luglio del 1944 lungo via della Foce. Dante Brocchi, ucciso dai tedeschi il 29 giugno del 1944. Casi Aurelio, ucciso l’ 8 luglio del 1944. Luigi Gnerucci, Antonio Bartolini e Luigi Guerri fucilati dai tedeschi. i primi giorni di luglio’44, contro il parapetto di un ponticello lungo la via del Bagno. Sabatino Capacci e Giulio Rossi, entrambi ventenni, giustiziati dai militari tedeschi nel letto di un ruscello nella zona della Noceta. Gabriele Valdarnini, partigiano, morto in combattimento nel 1943 in Montenegro. A loro va il mio pensiero in questo silenzioso 25 aprile.

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.