Se rinasco voglio essere la Francia di Deschamps. Dasvidania – Arezzo-Mosca A/R di Francesco Caremani

l’avevo anche scritto («favoritissima»), ma guardando il campo ha vinto la squadra che ha tirato in porta per la prima volta al primo minuto del secondo tempo, segnando i primi due gol su autorete e rigore

Quindi sì, vorrei essere la Francia di Deschamps, forte, talentuoso e che gli va tutto bene, ma proprio tutto, anche il rimpallo del terzo gol, quello di Pogba, che tira e la palla gli torna precisa sul piede per segnare.

Vi capita mai una cosa del genere nella vita di tutti i giorni? Ecco, a me no.

La maggior parte di noi, quotidianamente, somiglia di più alla Croazia. Talento, volontà, ottima applicazione tattica, spirito di sacrificio, indomiti fino alla fine, gruppo unito, nel quale tutti si aiutano, ma poi, quando conta, vincono gli altri, la Francia di turno.
Perché la vita è così. La vita è un Griezmann.
Decisivo, l’uomo che segna, lotta, torna a marcare (ve la ricordate la marcatura su Messi in Francia-Argentina 4-3?), guida il gruppo, ma poi viene premiato Mbappé e già si parla di Pallone d’Oro per il diciannovenne che non ha vinto nemmeno la classifica cannonieri. Mah, forse sarò troppo all’antica ma non condivido. Eppure è come nella vita.
Voi siete quelli decisivi, al lavoro come in famiglia, quelli che tenete le redini, che risolvete i problemi, però i complimenti e i baci se li prendono quelli col sorriso simpatico, quelli che fanno le battute, ma non fanno mai un cazzo.
Voi siete la concretezza, loro il circo.
Evidentemente, oggi, la folla si ammaestra facilmente con il secondo.

Se fossimo un Mondiale di calcio… Mario Mandzukic sarebbe l’amico che tutti vorremmo avere, quello che non ti delude mai, quello che ti porta a casa dopo una sbronza, quello che fa una cosa incredibile quando meno te lo aspetti, quello che non ti abbandona per alcun motivo al mondo, quello su cui puoi sempre contare.
Perché quello che ha fatto contro Lloris, andando a inventarsi il gol del 2-4, è pazzesco, è fuori dal comune, è qualcosa che nel calcio, come nella vita, si vede una volta sola e Mandzukic ce l’ha fatto vedere, complice Lloris che pensava di avere già vinto.
Gli è andata bene, ma sono proprio i Lloris, quelli con la spocchia franzosa, le crepe del sistema che dobbiamo saper cogliere ogni giorno, sono i presuntuosi, quelli che vogliono stravincere, che ci prendono in giro per umiliarci e che, basta aspettare, commetteranno sempre l’errore madornale che ci farà godere.
A me questo è successo e… succede.

Se fossimo un Mondiale di calcio… Nestor Pitana, l’ottimo arbitro argentino, sarebbe la burocrazia, quella con la quale combattiamo tutti i giorni. Perché Pitana è uno di quegli arbitri che, seppur bravi, vogliono mantenere il potere nelle proprie mani nonostante il VAR, e così ce ne sono molti, soprattutto nella vita quotidiana, che nonostante regole e leggi vogliono continuare a esercitare la propria discrezionalità solo perché indossano una divisa, dimenticando un fatto banale: io pago le tasse, io pago il tuo stipendio, tu sei al mio servizio, in democrazia funziona così. Invece spesso accade il contrario, basta vedere la postura del corpo, il modo di muoversi, e Pitana (che non paghiamo noi) non lascia dubbi al riguardo, ma davanti al mondo e al VAR è stato bravo, riuscendo a equilibrare esercizio del potere e democrazia.

Se fossimo un Mondiale di calcio… come in tutte le cose, c’è un inizio e una fine. E adesso che è terminato da queste colonne scriverò di altro, cose più aretine, più stringenti, per voi credo anche più interessanti.

Alle spalle ci lasciamo un Campionato del Mondo, secondo me, tra i più belli, con una finale giocata (giocata!) e che registra il numero di gol più alto di sempre dopo Brasile-Italia 4-1 del 1970, con Francia-Argentina 4-3 che sarà ricordata, per risultato, emozioni e giocatori in campo, come una delle partite del secolo, che ha registrato milioni di telespettatori e un’attenzione mediatica e social oltre ogni più rosea aspettativa, nonostante l’assenza dell’Italia.
Perché? Perché la gente ama il calcio, tifa, perché bisogna pur tifare per qualcuno (si dice così, vero?!), si diverte, commenta e continua a seguire questo sport. Sarebbe bello ricordarselo quando inizieranno i vari campionati, ma già leggo di dichiarazioni fuori di testa da una parte e cori allucinanti dall’altra. Qualcuno potrebbe dire: «Non ce la possiamo fare».
No, cari miei, la verità è un’altra, come sempre, anche (soprattutto?) nel calcio, ci sono gli ignoranti e gli altri, i trogloditi e gli altri, i violenti e gli altri. Se fossimo calcio, quindi, noi banalmente saremmo gli altri. Da Mosca è tutto, linea ad Arezzo e… dasvidania.

  1. fine

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