Cronaca di una morte annunciata

. Inserito in #madecheseragiona

A chi mi chiede come vedo oggi la situazione politica, rispondo con il titolo di un romanzo di Gabriel García Márquez: “Cronaca di una morte annunciata”.

Ma la cosa peggiore non è la funerea profezia, la cosa peggiore è assistere da lontano alla valanga e non poter far niente, mentre chi potrebbe fare qualcosa si contende gli ultimi posti a tavola.
Sono ingeneroso? No, sono oggettivo.
In un antico manuale di guerra cinese sta scritto: “I guerrieri vittoriosi prima vincono e poi vanno in guerra,
mentre i guerrieri sconfitti prima vanno in guerra e poi cercano di vincere”.
Cosa vuol dire?
Che non si va in “guerra” senza un piano di battaglia e soprattutto senza un piano B se le cose si mettono male.
Per questo giudico un errore aver chiuso porte in faccia, senza possibilità d’appello, a possibili alleanze in mancanza delle quali nei numeri la guerra è già persa.
Siamo ancora in tempo? Non lo so, ci vorrebbe un colpo di reni ma non vedo in giro atleti particolarmente dotati. Ci vorrebbe uno slancio d’ amore, non uso a caso questa parola, verso gli iscritti al PD per ridare loro la possibilità di scegliere con chi stare e con chi condividere un pezzo di strada.
È un’idea stramba? I grandi partiti europei lo fanno, solo in Italia si danno deleghe in bianco ma quel che è peggio solo in Italia non si applica in politica il principio di responsabilità per cui, se uno sbaglia, (leggi perde) lascia il posto.
È populismo? No è l’applicazione di una regola che vale per tutti i lavori in cui si guidano gli altri e si decide della vita degli altri.
Detto questo la situazione in cui siamo poteva essere l’occasione per cambiare diverse cose nel PD, a cominciare da una definizione chiara, anche attraverso le canditure, dell’identità politica e aggiungo culturale del partito.
Ridete, definitemi pure un residuato del novecento ma io credo che un Partito senza identità culturale non vada da nessuna parte. I demagoghi durano al massimo un paio di stagioni, un partito ancorato a valori dura nel tempo. Sarà un caso ma Fratelli d’Italia è rimasto uno dei pochi partiti ideologici che ci sono in giro.
Spero di esser stato chiaro.

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.