La guerra in Ucraina e il maccartismo alla pommarola

. Inserito in #madecheseragiona

Col tempo ho imparato a fiutare l’aria e l’odore che avverto oggi non mi piace. È un alito di putrefazione quello che esce dalle bocche di chi commenta su giornali, social e tv quanto sta accadendo alla frontiera orientale dell’Europa.

È una roba che sa di propaganda ammuffita, tanto da far divenire “normali” scenari da guerra atomica. Ha il sapore rancido di un manicheismo corrotto che tratta gli uomini al pari di armate del Risiko, come se il sangue non fosse rosso per tutti. Una “banalizzazione” che fa orrore. Lo stesso orrore che provo per chi nei mezzi di informazione, resuscita titoli e argomenti uguali a quelli che un tempo la pubblicità di guerra sciorinava contro “la plutocrazia anglosassone e il bolscevismo russo”. Niente di nuovo sotto il sole.

Umberto Eco in un suo breve pamphlet scriveva: “Avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell'affrontarlo, il valore nostro. Pertanto, quando il nemico non ci sia, occorre costruirlo”. E qualcuno non venga a dirmi che i miei ragionamenti rivelano una “pericolosa equidistanza”. No! Io so da che parte stare. Io sto dalla parte della ragione contro la forza, dalla parte del diritto internazionale, dalla parte dell’occupato contro l’invasore, dalla parte di Davide contro Golia. Tuttavia non accetto l’idiozia per cui diventa naturale censurare Dostoevskij in quanto russo. Ma soprattutto mi inquieta il maccartismo alla pommarola che ha preso piede in Italia. Un clima di sospetto generalizzato per cui chi la pensa in maniera diversa è subito bollato come una spia al soldo del nemico.

“Taci il nemico ti ascolta”, stava scritto sopra un manifesto durante l’ultima guerra. Oggi sembra di ripercorrere quei sentieri per cui i giornalisti poco allineati non debbono fiatare, i professori universitari che espongono tesi controcorrente vanno emarginati o peggio denigrati come vecchi rincoglioniti e perfino le parole del Papa sono oscurate. Non mi piace la caccia alle streghe, non mi piace la stampa granguignolesca, non mi piace il bellicismo da salotto, perché come diceva il Manzoni, “la ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto” ed io domani voglio mantenere il mio diritto di dire come la penso.

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.