Guerra e pace, abbiamo il nemico in casa

. Inserito in #madecheseragiona

Sfogliando i più autorevoli giornali mi accorgo di quanto la realtà possa essere rappresentata secondo priorità che poco hanno a che vedere con la vita di tutti i giorni.

La guerra in Ucraina ci viene presentata in tutte le sfumature possibili, racconti e immagini che suscitano commozione, pietà e rabbia. Non potrebbe essere diversamente, perché solo dei bruti potrebbero rimanere indifferenti di fronte ai razzi che piovono sulle città e sulle persone.
Tuttavia, pur ferendoci nell’anima, quegli ordigni non straziano i nostri corpi e non è una differenza da poco. La nostra emozione è sincera ma per fortuna, quando usciamo di casa, non troviamo macerie e distruzione, non raccogliamo i cadaveri dei nostri figli e non tremiamo al suono delle sirene d’allarme.
Quello che tuttavia non traspare, se non per sommi capi, dai mezzi di informazione, è che mentre a Kiev cadono bombe, dalle nostre parti rischia di esplodere un altro tipo di guerra.
Proprio quando il sistema produttivo e delle imprese usciva dalla difficile fase della pandemia ed accennava a una ripresa, gli è rovinata in testa la tegola della guerra.
Questa non è la guerra contro il califfato, che potevamo guardare con occhi distanti, è una guerra alle soglie di casa. I 2.300 chilometri che separano Roma da Kiev sembrano tanti ma, riflettendoci bene, sono una distanza cortissima. L’Ucraina è Europa e con quella gente e con i loro avversari Russi abbiamo rapporti economici, commerciali, culturali.
Possiamo far finta di niente e qualcuno fa finta di niente ma quella che si profila all’orizzonte è una tempesta perfetta, che fa combaciare l’aumento dei costi dell’energia con la carenza di materie prime.
Se guardiamo i dati c’è da mettersi le mani nei capelli: iniziano a scarseggiare frumento, mais, olio di girasole, ferro. Il prezzo dell’oro è schizzato in alto, un grammo oggi vale oltre 58 euro, 5 euro in più rispetto a una settimana fa, in edilizia mancano i materiali e i prezzi salgono. I costi di gas, luce, carburanti sembrano un cavallo imbizzarrito, nel contempo cala la produzione industriale: - 3,4% a gennaio rispetto a dicembre e l’inflazione rialza la testa e, come diceva qualcuno, “l'inflazione è una forma di tassazione che può venire imposta senza legislazione.”
Anche questa, benché nessuno abbia l’ardire di affermarlo, è una guerra, una guerra che rischia di strozzare famiglie e imprese. Domandate a un fornaio di quanto sono aumentati i costi di farine, energia, trasporto e vi renderete conto che la situazione non è per niente bella.
È arrivato il momento che la politica decida qualcosa di più che non tappare i buchi con ristorni che se sono utili per tamponare l’emergenza, non risolvono il problema. Forse andrebbero indirizzati meglio i soldi del PNNR. Non possiamo permetterci, come invece mi pare stia avvenendo, di disperderli in mille rivoli, spesso inutili e improduttivi. Ci vuole coraggio, molto più coraggio. Purtroppo, come ricordava un valente studioso, “nell'economia sono pericolosi gli zeri che stanno dietro, nella politica quelli che stanno davanti”.

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.