Scuola, specchio della nostra società

. Inserito in #madecheseragiona

La scuola riflette come uno specchio convesso ciò che le accade intorno. Per questo mi ha dato da pensare quello che sta succedendo alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Un istituto che da oltre duecento anni seleziona i migliori talenti, dove non si pagano tasse universitarie, si dorme e si mangia senza spese per gli studenti.

Ebbene, in quelle stanze aleggia da qualche tempo un fantasma dalla figura scarna che di nome fa disuguaglianza. Si, proprio così, anche nelle aule, dove il figlio di una famiglia povera poteva studiare e diventare qualcuno, l’ascensore sociale si è fermato.
“Sempre più spesso i normalisti hanno genitori laureati, professionisti, mentre prima non era così”. Una cosa che riverbera la realtà italiana, dove disuguaglianza e assenza di opportunità sono ormai da annoverare tra i mali che ne limitano la crescita.
Una situazione certamente aggravata dalla pandemia ma che già, in un recente passato, si era manifestata con chiarezza. Sciaguratamente, quando si blocca l’ascensore sociale, l’effetto negativo colpisce tutti, senza eccezioni, compresi quelli che pensano di essere al riparo. Il tema invero non è solo l’ingiustizia, già di per se negativa ma il fatto che senza uomini e donne “nuovi” si riducono creatività e innovazione.
Ecco un argomento sul quale la sinistra dovrebbe ragionare se davvero intende rappresentare, come avveniva un tempo, la parte dinamica della società. In che modo? Rimettendo al centro di ogni considerazione il valore del merito, della mobilità sociale e dell’uguaglianza delle opportunità.
Il punto di partenza non può che essere la scuola. Occorre ridare dignità al corpo insegnante, ci vogliono strutture moderne, è necessario abbattere i costi per le famiglie (mense, trasporti, tasse universitarie) e diventa indispensabile costruire legami solidi tra mondo delle imprese e sistema scolastico.
Se si guarda la situazione aretina non c’è da stare allegri: i giovani tra 18 e 30 anni che non studiano, non lavorano, non si formano sono ormai migliaia, il rapporto tra scuola e lavoro, tranne alcune punte di eccellenza, vive in mondi separati e anche da noi si accentuano le disuguaglianze e le differenze.
Da parte di chi comanda si può anche continuare a ignorare tutto questo, nella convinzione che la politica si faccia davanti a uno Spritz, oppure pompando il volume della musica nelle piazze. Sia chiaro, è giusto divertirsi, ma è poco intelligente considerare la “bella vita” come la misura di tutte le cose. Perché con questo andazzo alla fine non ci si può lamentare se arrivano i cinesi, gli indiani o peggio ancora i manager dei fondi di investimento che comprano pezzo per pezzo le nostre intelligenze e la nostra economia. E non basta dire che il PIL aumenta per essere felici. Si tratta di capire per chi e soprattutto per cosa cresce la ricchezza: i conti, per chi sta in cima alla piramide, tornano sempre, il problema è il destino di tutti gli altri. Infatti, secondo la statistica, come ricordava Trilussa, ci tocca un pollo a testa e anche se a qualcuno non tocca niente, i numeri continuano a dire che quel pollo l’ha mangiato, perché un altro ne ha mangiati due.

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.