I lasciti della pandemia e la vera sfida di fronte a noi

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Arezzo: 15 mila iscritti al centro per l'impiego. I precari, in particolare giovani e donne, sono stati i primi a perdere il lavoro nella pandemia

La riscoperta del valore del “territorio” come spazio di vita e di lavoro è uno dei lasciti della pandemia. Si è compresa l’importanza delle sanità territoriale, anche se alle parole non paiono seguire i fatti. Si è individuata, con il telelavoro, la possibilità di rivitalizzare borghi che rischiavano un lento abbandono, anche qui però ci vogliono atti concreti: uno per tutti l’arrivo della banda larga. È cresciuto il turismo slow, fatto di percorsi, luoghi d’arte e piste ciclabili.
Insomma il territorio è finalmente al centro dell’attenzione, perché si è capito che possiede valori e possibilità che si sono persi nelle grandi metropoli.
Uno dei temi più interessanti è quello legato alla nascita e al rafforzamento delle possibilità occupazionali. Se guardiamo ai numeri, ci rendiamo conto che non solo ci sono troppi disoccupati (ad Arezzo sono 15.000 gli iscritti al centro per l’impiego), ma emerge, altrettanto forte, il tema del lavoro precario e instabile.
In Italia, negli ultimi dieci anni, i contratti a tempo determinato sono aumentati di oltre 880 mila unità (+36%), a fronte di una variazione dell’occupazione complessiva pari all’1,4%. Ed i precari, in particolare giovani e donne, sono stati i primi a perdere il lavoro nella pandemia. E adesso che la ruota ha ripreso in parte a girare, ci si accorge che nel trimestre marzo-maggio 2021 gli occupati precari sono saliti di 188 mila mentre gli stabili sono diminuiti di 70mila.
Questa non è modernizzazione, come qualcuno vorrebbe farci credere, è esattamente il suo contrario. Perché modernizzazione significa migliorare e non disperdere risorse. Invece questa “flessibilità senza ritorno”, frena uno dei fattori più importanti per lo sviluppo, «l’accumulazione del capitale umano».
Chi pensa, così facendo, di guadagnare competitività, sbaglia di grosso. Ci sarà sempre qualcuno più povero e più disperato che ci farà concorrenza su prodotti di bassa qualità, salari bassi e compressione dei diritti. Oggi anche ad Arezzo siamo di fronte a un bivio.
La transizione verde e digitale, un modello di economia basata sul turismo sostenibile e una agricoltura innovativa, richiedono idee all’altezza dei tempi. A cominciare dal potenziamento dei centri per l’impiego, innescando da subito un rapporto di collaborazione con il mondo produttivo locale. Con l’obiettivo di orientare, qualificare, creare collegamenti tra il sistema dell’istruzione e della formazione professionale e quello delle imprese. Il lavoro, creare lavoro, è uno degli impegni più importanti che attende nei prossimi mesi l’apparato politico-istituzionale. Tuttavia i segnali che arrivano sono contraddittori. Da altre parti si costruiscono strumenti per cogliere le opportunità del PNRR. Qui, tra rimbalzi di competenze e scarsa immaginazione sembra di viaggiare con il freno a mano tirato.

Tags: Lavoro territorio

Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.