Dei morti di Nassiriya si è persa la memoria. E’ un male

. Inserito in #madecheseragiona

I ricordi sono spesso legati alle emozioni del momento, una volta passate essi si appiattiscono, fino a scomparire nell’alveo della normalità. Talvolta mi sono domandato perché ci si dimentichi assai presto di fatti accaduti da poco e si perpetui invece il ricordo di altri, ben più lontani nel tempo
Nelle manifestazioni pubbliche rievochiamo l’11 settembre del 2001,perché è una data che ha marcato la storia con segno indelebile.
Si commemorano il 4 novembre e il 25 aprile, giorni ormai entrati nella liturgia laica di questo paese. Si menziona, invece, sempre meno il 1 maggio, forse perché il lavoro, in Italia, non è più una priorità.
A fronte di ciò, altri avvenimenti, cadono presto nell’oblio. Uno di questi è il 12 novembre del 2003, quando avvenne la strage di Nassiriya, che annoverò 19 caduti italiani. Ho buona memoria e rammento lo sgomento di tante persone di fronte alle immagini che arrivavano dall’Iraq. Ricordo anche, con disgusto, le scritte che apparvero in alcune manifestazioni, dove si esercitavano nell’arte dell' idiozia gli estremisti: "Dieci, cento, mille Nassiriya", stava scritto sui loro infami striscioni.
Fu per questo che, qualche anno fa, venne deciso, affinché la memoria rimanesse viva, di intitolare a Castiglion Fiorentino una strada ai Martiri di Nassiriya. Oggi, 12 novembre 2020, ricorre l’anniversario di quella strage e mi sarei aspettato almeno un mazzo di fiori oppure un breve ricordo istituzionale per quegli italiani morti. Lo dico senza polemica, perché ormai le polemiche sono come la paglia al vento, volano via e non lasciano nulla. Lo dico perché è un dovere civico di tutti, in primo luogo delle istituzioni, conservare gelosamente la memoria collettiva e la storia di un paese.

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.