Garantiti e non, questione di sopravvivenza

. Inserito in #madecheseragiona

Leggo delle proteste a Napoli. Concordo con il Questore della città che “nessuna condizione di disagio, per quanto umanamente comprensibile, può in alcun modo giustificare la violenza”.

Tuttavia i contestatori non sono solo teppisti, sono la punta dell'iceberg di una forte insoddisfazione. Perché è inevitabile che il disagio sociale, in particolare in zone ad alta precarietà lavorativa e, non dimentichiamolo, a forte densità criminale (che dal coprifuoco è penalizzata), si trasformi in rivolta sociale. Non voglio  ragionare se il coprifuoco serva o non serva, a mio avviso non serve,  il tema principale è quello delle regole. Se si rispettassero saremmo tutti più tranquilli: mascherine, distanziamento, lavarsi le mani. Non è che si chiede la luna. Epperò, per taluni, non vanno bene nemmeno queste facili prescrizioni o comunque c’è sempre chi se ne fotte. Ed allora, per evitare problemi, perché al di là delle cazzate è vero che gli ospedali sono in sofferenza, si preferiscono misure draconiane, dal dubbio effetto ma dal sicuro impatto. Da tutto questo marasma emerge però un particolare che non mi piace. C’è chi soffia sul fuoco, trovando terreno fertile nella  incazzatura di chi vede sparire il proprio reddito, per accentuare le divisioni tra garantiti (statali e pensionati in particolare) e non garantiti. Sarà questo uno dei fronti di scontro futuri. Perché il garantito se ne può fregare del lookdown, l’autonomo e la partita IVA no. Questione di sopravvivenza, non di punti di vista ideologici. A questo deve dare risposta la politica: senza troppe ciance.

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Paolo Brandi

Paolo Brandi

Laureato in filosofia a Pisa e in storia a Siena. Amante dei cani, dell'Inter e della Sicilia. Fin da piccolo impegnato in politica ma col tempo ha assunto un atteggiamento più contemplativo.