Scaglione riflette ad Arezzo sui nuovi scenari internazionali: "Mondo plurale, ma non siamo pronti alle differenze"

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"Continuiamo a costruire mura a volte reali, a volte immaginarie, per difenderci dagli altri". La serata organizzata da ARCI Toscana, ACLI Arezzo e Rondine Cittadella della Pace presso il Circolo Artistico di Arezzo, suscita numerosi spunti di riflessione e approfondimento.

Sulle sedie del dibattito, lunedì 28 ottobre scorso, oltre a Fulvio Scaglione, giornalista professionista, ex vice-direttore di Famiglia Cristiana, attuale collaboratore di Avvenire, Eco di Bergamo, Limes, EastWest, Occhi della guerra, L’Inkiesta, Micromega, Eastonline, Terrasanta.Net, nonché autore di libri quali “Bye Bye Baghdad”, “I cristiani e il Medio Oriente” e “Il patto con il diavolo”, vi erano anche Carla Cocilova che si occupa di rapporti internazionali per conto di ARCI Toscana, e Franco Vaccari fondatore e presidente di Rondine Cittadella della Pace.

Apertura da parte del giornalista Luca Primavera, cui sono seguiti i saluti di Stefano Mannelli, presidente provinciale delle ACLI di Arezzo e di Stefano Gasperini, presidente provinciale dell’ARCI di Arezzo. Le tematiche toccate sono variegate: geografia politica, economia politica, storia politica. Presente anche Giuseppe Fanfani, ex sindaco di Arezzo e attuale membro laico del Consiglio superiore della Magistratura.

Il primo argomento toccato è di grande attualità: novità e scenari che potrebbe portare la notizia della morte di Abu Omar al-Baghdadi nel contesto medio orientale. A tal proposito, Scaglione va giù diretto e chiaro:

«Hanno ammazzato al-Baghdadi, verrebbe da dire è finito l’ISIS. Era finito l’ISIS; quindi hanno ammazzato al-Baghdadi».

Possiamo davvero dire che l’ISIS sia finito? La preoccupazione generale di una possibile rinascita dell’ISIS, legittimata dalla fuoriuscita di pericolosi miliziani dell’ex Stato Islamico dalle carceri curde, viene così demolita da Scaglione:

«L’ISIS rinasce se chi lo ha fatto nascere ha bisogno di farlo rinascere. A far nascere l’ISIS sono state le “petromonarchie” del Golfo Persico e in questo momento esse non ne hanno bisogno».

Così, mentre proietta un video dell’estate del 2014, protagonisti i militanti dell’ISIS intenti ad abbattere il “confine” tra Siria ed Iraq, il giornalista guida il pubblico in un excursus storico riguardante la storia della spartizione dei territori del Medio Oriente, nonché la storia del termine Medio Oriente.

«Dal 1916 ad oggi, dopo il trattato Sykes-Picot (il trattato di Sykes-Picot o Accordo sull’Asia Minore fu stretto tra Regno Unito di Gran Bretagna, Irlanda e Francia per definire le sfere di influenza nel Medio Oriente conseguentemente alla caduta dell’Impero Ottomano ndr), quello che vediamo è il continuo, affannoso, tentativo di mettere mano al pasticcio nato lì e che in realtà è divenuto sempre più grosso. Da qui la filosofia politica dell’Occidente: si prende una grossa entità pubblica e si comincia a farla a fettine perché così faceva più comodo alle potenze». Parole chiare e concise quelle di Scaglione che così continua: «Al Medio Oriente servirebbe un’idea di cittadinanza e non un’idea di appartenenza etnica o religiosa o peggio ancora etnico-religiosa. Se noi incentiviamo questa cosa in forma di spezzatino consegniamo il Medio Oriente alla guerra permanente».

Di sentita appartenenza ad una terra parla anche Cocilova.

«La Siria mi ha accolta ventenne, quando ero ancora una studentessa, la sento fortemente casa mia»

e racconta, visibilmente fiera del suo lavoro, come ARCI operi in questo contesto così complesso, sottolineando le numerose difficoltà incontrate.

«L’ARCI» dice «ha in ogni caso già lavorato in situazioni piuttosto difficili; era infatti presente in Iraq nel 2005 quando il Daesh era nel pieno della sua diffusione».

Quest’anno l’ARCI è riuscita ad entrare in Siria 3 volte, l’ultima volta la scorsa settimana, dopo un’iniziale difficoltà con i visti che ha costretto gli operatori a rimanere fermi a Beirut per qualche giorno.

L’associazione si muove nello specifico ad Aleppo e si concentra al momento sull’emergenza dei bambini divenuti disabili in seguito alla guerra, «tantissimi», dice Cocilova, sottolineando il fatto che al momento non ci siano numeri certi. Inoltre, supportata da Unicoop Firenze, l’associazione è riuscita a portare ad Aleppo fisioterapisti del Meyer che poi hanno fatto formazione ai colleghi siriani.

«Stiamo anche ricostruendo un centro per la fisioterapia terapica infantile».

L’ARCI non si limita però solo a questo: lavora anche con i rifugiati siriani nei paesi limitrofi. Dandoci dei numeri Carla Cocilova punta il dito verso la reale situazione dei rifugiati: «Il Libano accoglie 2 milioni di rifugiati siriani, 4 milioni sono in Giordania, 3 milioni e mezzo in Turchia ed un milione e mezzo in Iraq: di cosa stiamo parlando quando parliamo di invasione a casa nostra?».

Ed è proprio sulla migrazione che Scaglione lancia la prima pietra.

Parla di sfruttamento della migrazione messo in atto dagli stessi occidentali, ricordando che Angela Merkel si trovò ad aver bisogno di rifugiati siriani per soccombere al problema di crescita demografica del suo paese; in particolare, volle accogliere i siriani maggiormente istruiti, anche perché, come sottolinea il giornalista, «i Siriani che scappano sono quasi sempre quelli che stano meglio, che hanno più agganci».

«Non solo» aggiunge «c’è chi in Siria sospetta che questo sia un altro modo di giocare con la migrazione: cioè che si voglia demolire la Siria di Assad anche portando via le risorse migliori che servirebbero per la ricostruzione del paese».

Quando il pubblico pensa di potersi ormai rilassare e sgranchire le gambe, cala il secondo colpo inferto a noi occidentali, totalmente impreparati.

«Siamo sicuri che sia giusto imporre a questi paesi i nostri criteri di democrazia?»

domanda Scaglione rivolgendosi al pubblico.

«Siamo disponibili a vivere in un mondo plurale dove ci sono idee diverse anche se non ci piacciono o siamo convinti che noi abbiamo l’idea migliore e che per questo abbiamo il diritto di ficcarla a bastonate nella testa di tutti gli altri?».

Ma attenzione, viene fatto notare come spesso i paesi occidentali non intervengano realmente dove manca la democrazia:

«Siamo perfettamente in grado, infatti, di fare affari con paesi assolutamente non democratici e questo» afferma Scaglione «ha distrutto l’immagine dell’Occidente».

Il giornalista definisce i paesi occidentali “stalinisti della democrazia” che non riescono però a rendersi conto che 110, 120 milioni di under 30 non hanno alcuna speranza di inserimento nella loro società. Arriva la proposta: i paesi occidentali dovrebbero fare leva per introdurre un diverso sistema scolastico nel Medio Oriente, adesso completamente inadeguato rispetto al modello contemporaneo.

«Il problema dei problemi del Medio Oriente è la totale incapacità di inserire la forza propulsiva dei giovani dentro un meccanismo virtuoso. Soprattutto nelle materie scientifiche ci sono due classi di differenza tra uno studente medio di una scuola del Medio Oriente e uno studente di una scuola europea. Una economista di Harvard, che ha preso gli studi che sono stati fatti dal congresso americano sul costo delle guerre in Afghanistan e in Iraq per gli americani, è arrivata alla conclusione che, ai soli americani, le guerre sono costate tra i 4 mila e i 6 mila miliardi di dollari. Cifre con cui il Medio Oriente lo rifai nuovo».

Arriva la domanda, non troppo ingenua, sul taciuto ruolo dell’Unione Europea.

«Non ho nominato l’Unione Europea perché non se lo merita, diciamocelo, l’Unione Europea non esiste. Non ha una posizione sincera, dice delle cose, ammonisce, condanna ma non ha posizione su niente, nulla. Mentre i giornalisti turchi nel 2016 denunciavano che i servizi segreti di Erdoğan davano armi ai miliziani islamisti che operavano in Siria noi, nello stesso periodo, davamo 6 miliardi ad Erdoğan perché si tenesse i rifugiati».

Tra le testimonianze dei ragazzi di Rondine Cittadella della Pace, c’è quella di un giovane libanese, chiara finestra da cui sbirciare la sua situazione personale ma, soprattutto, da cui riflettere sulla nostra e sulle nostre mancanze:

«…Non sapete quanto siete privilegiati ma io lo so e posso parlarvene perché ho visto entrambe le parti. Sono nato e cresciuto lì e ora sono qui. Qui anche io sono un privilegiato. Non sto parlando di vestiti belli, di orologi. Sto parlando di sicurezza, tranquillità stabilità. Sto parlando di andare al lavoro la mattina senza pensare che magari non torni, sto parlando di mandare i vostri bambini a scuola senza dover pensare che magari sarebbe l’ultima volta che li vedete. Non vorrei devalorizzare i vostri problemi o paure, vorrei solamente chiedervi di valorizzare i privilegi che il vostro paese vi ha dato. Sono del Medio Oriente, ma anche del Libano, un paese che ha avuto negli ultimi 40 anni delle guerre con i vicini, guerra civile, attacchi terroristici, un paese dove le culture si sono incontrate ma non si sono messe d’accordo. Vi dico qual è il problema secondo me; il problema di tutto questo e forse il problema del mondo, è che abbiamo una crisi esistenziale; per un motivo sconosciuto pensiamo che l’esistenza degli altri ci cancella. Siamo differenti, ci vogliamo uccidere. Come nell’antichità continuiamo a costruire mura a volte reali, a volte immaginarie, per difenderci dagli altri differenti, credendo di non poter coesistere. Il problema è che pratichiamo una leadership sbagliata, quello che è successo in Siria e quello che continua a succedere ora, per me ha un significato solo: non ci sono più persone, la gente è composta da pezzi di scacchi e questi scacchi non decidono niente, fanno quello che sono ordinati di fare. Invece i leader decidono tutto. Il problema secondo me è che abbiamo bisogno di un nuovo leader, pacifico, onesto, trasparente che non ha paura di comunicare con persone diverse, diverse dal proprio gruppo, che non ha paura del cambiamento, che mette in primo piano i valori e la vita delle persone. Un leader che dà il potere alle persone e le aiuta a scegliere come e dove vogliono vivere e lei o lui li conduce verso il futuro».

Possiamo solo sperare che a questo incontro così proficuo seguano altri.

Tags: Rondine Fulvio Scaglione

Giulia Senesi

Giulia Senesi

Laureata in Filologia, Letteratura e Storia dell’antichità. Sono una grande amante di viaggi e cinema; parlo inglese, spagnolo e un po’ di tedesco. Credo che la scrittura abbia un effetto catartico.