Articolo 42, anche Confartigianato Arezzo dice no

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Il presidente di Confartigianato Arezzo Ferrer Vannetti: "Si vuole mettere alla gogna colui che a testa alta e alla luce del sole manda avanti il settore produttivo e quindi l'economia del nostro Paese e dei nostri territori".

Confartigianato Arezzo si schiera contro la parte del decreto "Cura Italia" che dà al datore di lavoro la responsabilità dell'eventuale contagio COVID-19 dei dipendenti. 

"Siamo di fronte all'ennesimo atto di delega agli imprenditori di responsabilità pubbliche assolutamente non delegabili. L'articolo 42 del 'Cura Italia' parifica infatti il contagio da COVID-19 all'infortunio sul lavoro, con tutte le conseguenze civili e penali per l'impresa e il datore di lavoro, che a questo punto sembra diventare ancora una volta il colpevole di tutti i mali". Non c'è rassegnazione, ma una forte delusione e la voglia di lanciare un appello positivo per un vero rilancio economico che superi queste "follie burocratiche" in queste parole del presidente di Confartigianato Arezzo Vannetti, secondo il quale "se l'impresa rispetta tutte le regole per la prevenzione e tutte le misure indicate non può e non deve essere ritenuta responsabile dell'eventuale contagio di un dipendente. Scaricare le responsabilità sui datori di lavoro è non solo sbagliato, ma anche pericoloso economicamente e socialmente, perché potrebbe provocare un vero e proprio blocco della ripresa produttiva".

"Tutto questo è inaccettabile e, se il testo normativo non viene modificato rapidamente, rischia di provocare", insiste il presidente artigiano, "forse finalmente, una sorta di 'rivolta' dei soliti noti, cioè di quelli che ci mettono sempre la faccia, come i nostri artigiani, le nostre piccole e medie imprese, che sono sempre alla luce del sole a lavorare, al posto di quelli che preferiscono operare ai margini e nell'ombra. Artigiani e PMI che vedono sempre più eroso il loro ruolo sociale da una burocrazia che blocca le iniziative, da una fiscalità pervasiva e ossessiva e da adempimenti farraginosi e spesso inutili". E adesso, addirittura, "gli imprenditori rischiano, con questo provvedimento malnato, di essere messi alla gogna nelle moderne piazze mediatiche, ma siamo davvero tutti curiosi di capire, mentre le folle ridenti assisteranno a questa condanna, chi porterà avanti il nostro sistema imprenditoriale, la nostra economia".

Tutto questo poi, approfondisce Vannetti, "in un Paese come il nostro, dove il crollo di qualsiasi opera o attività pubblica non vede mai segnalata la responsabilità di dirigenti pubblici che hanno fatto in modo, paradossalmente, di non averne mai. Attenzione, quindi, per le conseguenze di una serie di norme improvvide (su tutte appunto questo sciagurato articolo 42 del 'Cura Italia'), a non trasformare il nostro sistema produttivo - fondato sulle piccole e medie imprese, che malgrado le difficoltà è stato finora una sorta di giardino fertile e fiorito - in un triste campo abbandonato e improduttivo. Altrimenti, per citare il finale di un film cult come 'Blade Runner', rischiamo che le nostre istanze, il nostro lavoro infaticabile a servizio dell'economia e del territorio e le nostre speranze vadano 'perdute come la lacrime nella pioggia': è forse tempo di morire?".

"Noi crediamo fortemente di no, vogliamo rilanciare l'imprenditoria sana e vitale che rappresentiamo", conclude il portavoce di Confartigianato Arezzo, "e quindi riteniamo assolutamente necessario che l'articolo 42 del decreto venga soppresso o modificato al più presto: è dannoso, pericoloso per l'intero sistema economico e quindi sociale del nostro Paese".

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