Aggressioni a operatori sanitari, in Toscana 1258 casi in un anno

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Quello delle aggressioni a medici ed operatori degli ospedali non è un fenomeno solo italiano, ma sempre più diffuso in tutta Europa. Bezzini: “Necessaria prevenzione e gestione del fenomeno

La Toscana negli ultimi due anni si è mossa definendo precise linee di indirizzo per prevenire e gestire gli atti di violenza. “Un fenomeno a cui occorre rispondere una duplice risposta – riflette l’assessore al diritto alla salute della Toscana Simone Bezzini – da un lato la prevenzione, educando i cittadini alla scelta del rispetto, affidandosi con fiducia alle cure dei professionisti e collaborando per un’assistenza rapida e di qualità, migliorando ed omogeneizzando i livelli di sicurezza nelle strutture sanitarie, e dall'altro con la gestione e il monitoraggio di ogni singolo episodio”.

Se n’è parlato ieri nel corso di una iniziativa all’aula magna dell’Università degli studi di Siena, in occasione della seconda giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio sanitari, alla quale l’assessore è intervenuto da remoto.

Nell’ultimo anno in Toscana si sono contate 1258 aggressioni a medici ed operatori degli ospedali, di cui 935 verbali e 323 fisiche, con conseguenti 193 denunce per infortuni. Un dato probabilmente sottostimato, soprattutto quando l’aggressione è solo a parole. I pronto soccorso e i reparti psichiatrici sono i settori più esposti, ma si registrano aggressioni anche altrove. Le restrizioni alle visite in epoca Covid-19 hanno ridotto i numeri dei casi degli ultimi anni, ma sono state allo stesso tempo la causa di alcune aggressioni, da parte di chi provava a resistere ai protocolli di sicurezza.

Per prevenire il fenomeno, tra le misure messe in atto nelle singole aziende c’è materiale di comunicazione distribuito ai cittadini nelle sale di attesa, spot e video sugli schermi a circuito interno per sensibilizzare tutti al fenomeno; sono state create procedure interne ed indirizzi mail specifici per segnalare le aggressioni alla ricerca del sommerso; sono stati organizzati servizi di supporto psicologico (ed a volte anche legale) alle vittime di aggressione. Per migliorare la sicurezza del personale sono stati previsti dispositivi di telesoccorso e di chiamata delle forze dell’ordine o pulsanti di anti aggressione, migliorati i servizi di vigilanza. Sono stati organizzati corsi di formazione al personale per aiutarli a gestire situazioni estreme apprendendo tecniche utili a leggere le emozioni o messaggi non verbali o per disattivare situazioni di potenziale aggressività.

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