Caso Martina Rossi, la Suprema Corte rinvia. Tensioni di fronte al palazzo

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Non trova ancora la parola fine la vicenda giudiziaria di Martina Rossi, la ragazza morta a Palma di Maiorca nel 2011 all'età di 20 anni mentre tentava di sfuggire a una presunta violenza sessuale. La Corte di Cassazione ha rinviato infatti al 7 ottobre l'udienza del processo.

Il rinvio dell’udienza e dunque della sentenza della Suprema Corte era stato chiesto dai legali dei due indagati, Luca Vanneschi, artigiano e Alessandro Albertoni, campione di moto, di Castiglion Fibocchi, già condannati in primo e secondo grado per la morte della ragazza. Gli avvocati della difesa avevano sostenuto che la prescrizione non era imminente, ma sarebbe maturata a fine ottobre e dunque non esisteva motivo affinché la sentenza fosse decisa dalla sezione feriale della Cassazione. I giudici si sono riuniti in camera di consiglio e hanno deciso per il rinvio dell’udienza, che si svolgerà il 7 ottobre davanti alla quarta sezione penale che si occupa, tra l’altro, dei reati colposi e che chiuderà definitivamente il caso. La Corte d’Appello di Firenze, dopo una prima assoluzione e un rinvio della Cassazione per un nuovo dibattimento, aveva condannato a 3 anni di carcere per tentata violenza sessuale Albertoni e Vanneschi. Prescritto invece il secondo addebito, quello di morte in conseguenza di altro reato. Secondo i giudici di secondo grado, infatti, Martina non si uccise o cadde dal balcone per un incidente, ma solo per fuggire, tentando di difendersi dai suoi aggressori. All’interno della camera  609 ci fu una colluttazione, durante la quale Martina si procurò lesioni «all’occhio sinistro, alle labbra, alla spalla sinistra». E ancora, scrivono i giudici, la sparizione dei pantaloncini del pigiama «che sicuramente Martina indossava, non trovano altra spiegazione se non che entrambi gli imputati, o uno di loro, tolse con violenza i pantaloncini nel tentativo di avere con quest’ultima un approccio sessuale». Dunque la studentessa si rifugiò sul balcone, non riuscendo «a guadagnare la porta d’ingresso, perché pressata da entrambi gli imputati». Del tutto falso, sempre secondo le motivazioni della sentenza, che la ragazza avesse assunto droga, fattore escluso dagli esami tossicologici. "Tra agosto e ottobre non c'è molta differenza, l'importante è arrivare a una soluzione ma la massima autorità della giustizia italiana si è impegnata a fare il processo prima che venga prescritto", ha commentato il padre di Martina, Bruno Rossi. "Prescrizione? Il rischio c'è ancora e sempre di più ma auspico che non si arrivi a questo", ha aggiunto la madre Franca Murialdo. Al termine dell'udienza ci sono stati anche momenti di tensione quando i legali dei due imputati (Albertoni nel frattempo ha cambiato legale, il nuovo avvocato difensore è Cocchi), sono stati contestati da un gruppo di attiviste del collettivo 'Non una di meno' che si erano presentate in piazza Cavour a Roma con striscioni per chiedere "verità e giustizia" e sostenere la famiglia di Martina.

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Guido Albucci

Guido Albucci

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