Pompiere aretino morto sul lavoro, il Ministero dopo la condanna fa ricorso in appello

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Simone Mazzi aveva 29 anni quando il 28 gennaio 2003 perse la vita mentre effettuava un soccorso per recuperare un autotrasportatore rimasto ferito, uscito di strada e finito nel greto di un fiume con un camion cisterna

La vicenda

Il pompiere veniva calato tramite i propri colleghi dall'autogrù con una barella toboga per recuperare l'autotrasportatore, ma qualcosa andò storto in quel pomeriggio a Palazzo del Pero. Quello che sembrava un complesso, ma tuttavia ordinario, intervento di soccorso a persone, si trasformò in tragedia: il cavo a cui era attaccato Simone Mazzi si spezzò improvvisamente e il bozzello lo colpì sulla testa causandone la morte sul colpo.

Una vicenda che ha visto in sede penale l'assoluzione di coloro che al tempo ricoprivano gli incarichi di comandante dei vigili del fuoco di Arezzo, di responsabile della manutenzione dei mezzi, e del manovratore del mezzo. La loro condotta è risultata infatti esulare dalle cause che hanno provocato l'incidente mortale, come chiarito da alcune perizie tecniche effettuate sull'autogrù. Il problema riguardava un grave vizio congenito - così come poi riscontrato -  del mezzo in uso che risiedeva nelle modalità in cui era stata realizzata una parte elettromeccanica dell'autogrù. In altre parole il sistema in caso di malfunzionamento del dispositivo di finecorsa non avrebbe consentito, come accaduto in questo caso specifico, di bloccare la salita del bozzello e quindi di evitare il peggio.

Dopo le assoluzioni dei vertici aretini in giudizio penale, in sede civile l’attenzione si è spostata sulle responsabilità del datore di lavoro dei pompieri, ovvero il ministero degli interni. Nello scorso Agosto la sentenza di primo grado aveva stabilito che ai vigili del fuoco aretini era stata fornita un'autogrù non sicura e quindi Simone Mazzi morì per un difetto congenito del cavo di questo mezzo, con la conseguente responsabilità del Ministero degli Interni, tenuto a risarcire i familiari. Ora arriva la notizia del ricorso in appello da parte dello stesso Ministero, con istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva, contro la sentenza di primo grado del giudice della seconda sezione civile del Tribunale di Firenze Maria Novella Legnaioli, che lo scorso Agosto aveva condannato il Ministero a risarcire i danni.

"È vergognoso che lo Stato per cui Simone ha dato la vita, lo stesso Stato che gli ha riconosciuto una Medaglia d'oro al valore, continui con accanimento a non volere ammettere le sue responsabilità", dice il fratello Luca.

"Sopportiamo da diciotto anni una causa contro il Ministero, con le implicazioni emotive ed economiche che si può immaginare. Credevamo che con una sentenza del giudice questo accanimento del Ministero verso di noi e verso la memoria di mio fratello avesse finalmente la parola fine. Credevamo che lo Stato ammettesse finalmente le sue colpe. Così non è, ma non ci fermiamo, la nostra battaglia per la verità, per la giustizia, per Simone, va avanti. Non ci devono essere altri Simone Mazzi, i pompieri devono essere messi in condizione di lavorare in assoluta sicurezza", conclude Luca Mazzi.

La prima udienza del giudizio di appello è programmata per il mese di dicembre 2021.

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