Medaglia d’Onore alla memoria del deportato Omero Malentacchi

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Il 16 luglio il Prefetto di Arezzo, Maddalena De Luca, ha consegnato ai figli di Omero Malentacchi la Medaglia d’Onore alla memoria del padre, dal settembre 1943 al maggio 1945 internato militare italiano nei lager nazisti. Omero era nato a Frassineto il 21 febbraio 1923. Sposatosi con Anita Casi, andò ad abitare a Vitiano. Ebbe quattro figli: Franca, Virgilio, Silvana e Gianfranco.

Omero non aveva ancora 20 anni, quando il 10 settembre 1942 fu chiamato per il servizio militare e assegnato al 3° reggimento della divisione di fanteria “Piemonte”, con sede a Messina. Il 15 novembre 1942 fu inviato in Grecia con il 303° reggimento di fanteria “Piemonte” e dislocato nel Peloponneso. L’8 settembre 1943, subito dopo l’armistizio, gli alti ufficiali si dileguarono e rimasero alcuni ufficiali inferiori. L’11 settembre arrivarono i tedeschi che ordinarono la consegna delle armi, ma gli italiani si rifiutarono e ne nacque una sparatoria che costrinse i nazisti alla ritirata. Gli scontri continuarono per una settimana, fino a quando, ormai esauriti i viveri e le munizioni, gli italiani furono costretti alla resa. Per fortuna non ci furono rappresaglie, ma dopo aver disarmato gli italiani, i tedeschi li caricarono su dei carri ferroviari con la falsa promessa che li avrebbero rimpatriati.

In realtà, dopo 17 giorni di viaggio, ammassati con il caldo, la sporcizia, la fame e la sete, Omero e i suoi commilitoni si ritrovarono in Germania, nella Prussia Orientale (oggi in Polonia, ma vicino alla Russia!) e furono internati nello Stammlager IA di STABLACK.

Dopo tre giorni di stenti, i tedeschi diedero ad ogni prigioniero tre patate bollite. Ogni giorno tutti i prigionieri inquadrati nel piazzale del campo, venivano invitati ad arruolarsi nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana, ma salvo pochissime eccezioni, la maggioranza rifiutò sempre.

Dopo qualche tempo, Omero fu assegnato al Kommando E7 di Wehlau, in una fabbrica meccanica, dove svolgeva lavori da operaio. Ogni giorno Omero e i suoi compagni di sventura dovevano percorrere 10 chilometri a piedi per raggiungere la fabbrica e altrettanti al ritorno. Con le scarpe rotte, camminando sulla neve, con temperature parecchio al di sotto dello zero, era sempre un calvario. E la fame completava i tormenti. Successivamente furono autorizzati a prendere il treno e almeno si risparmiarono le lunghe camminate, ma la sveglia era alle 4,30 e il ritorno la sera tardi.

Mentre lavoravano in fabbrica, più volte al giorno suonava l’allarme che annunciava l’arrivo dei bombardieri russi o alleati. Gli operai tedeschi e i soldati di guardia si rintanavano nei rifugi, mentre Omero e altri italiani ne approfittavano per andare velocemente nei campi vicini, sperando di racimolare qualcosa da mangiare. Omero raccontava che un giorno, mentre passava dalla stazione, sentì un forte odore di mele provenire da un carro merci. Entrò sotto il carro e con un coltellino che si era costruito, riuscì a forare una tavola del fondo. Poi, piano piano riuscì a prendere una mela alla volta, che mangiava subito. Ne mangiò tantissime! Poi, pensò ai suoi compagni e si mise alcune mele nei pantaloni e sotto la giacca. All’ingresso del lager, la guardia notò quell’improvviso “ingrassamento” di Omero e lo perquisì, sequestrandogli le mele e relegandolo in una cella seminterrata, buia e umida. Un’altra fonte di cibo era in alcune gabbie di conigli presso una casa colonica vicino alla fabbrica: durante la pausa pranzo delle guardie, Omero andava a rubare le dure croste di pane che venivano date agli animali. Anche in quel caso la sua generosità lo tradì: aveva preso del pane per i suoi compagni, ma la solita guardia lo scoprì e lo caricò di botte.

Tra la fame e il duro lavoro, Omero era arrivato a pesare meno di 40 chilogrammi!

Il 25 gennaio 1945, avvicinandosi i Russi, il campo Stalag IA fu evacuato e i prigionieri furono trasferiti verso Ovest, in un altro campo di concentramento. Omero raccontava che il 17 aprile 1945 arrivarono al campo gli Americani e pochi giorni dopo anche i Russi, quindi doveva essere stato trasferito in un’area ad ovest, ma sempre in quella che poi sarà sotto l’influenza sovietica, probabilmente si tratta del sottocampo di Zwickau, vicino a Dresda.

Omero e gli altri italiani furono liberati, ma per tornare in Italia fu un’altra odissea, tra ferrovie disastrate, strade sconvolte, treni e automezzi rarissimi. Riuscì ad arrivare a Milano con una tradotta militare il 7 agosto 1945. Il 10 agosto tornò a casa e i suoi genitori stentarono a riconoscerlo.

Omero raccontava con fatica queste vicende della sua tribolata giovinezza, ma lo faceva affinché i più giovani capissero cos’è la guerra. La sua storia militare, assieme a quella di altri reduci vitianesi è stata raccontata anni fa nel libro di Andrea Gallorini: “Vitiano in grigioverde”.

Omero se n’è andato il 2 ottobre 2016, senza poter ricevere questa Medaglia d’Onore che adesso è arrivata e che sicuramente avrebbe gradito.

Santino Gallorini

Tags: Prefettura Arezzo medaglia d'onore

Santino Gallorini

Santino Gallorini

Appassionato di storia fin da ragazzino, ho continuato ad interessarmi all’argomento crescendo. Molto curioso e molto determinato, spesso fortunato, ho portato avanti parecchie indagini mettendo in luce fatti e personaggi dimenticati e suscitando l’interesse di molte persone.